Borse di studio “Giuseppe D’avanzo”. E su Facebook è subito polemica

Il concorso è rivolto soltanto ai diplomati e agli studenti iscritti all’ultimo anno delle Scuole di Giornalismo riconosciute dall’Ordine, di età non superiore ai 30 anni.

Per molti potrebbe essere un sogno vincere una delle quattro borse di studio “Giuseppe D’Avanzo” per uno stage di specializzazione e perfezionamento presso il quotidiano La Repubblica. A proporlo è il Gruppo l’Espresso che offre 10mila euro per ciascun giornalista che lavorerà per sei mesi nella testata. Ma l’entusiasmo cala o per alcuni si trasforma in rabbia quando, dopo una prima lettura del bando, ci si accorge che il concorso è rivolto soltanto ai diplomati e agli studenti iscritti all’ultimo anno delle Scuole di Giornalismo riconosciute dall’Ordine, di età non superiore ai 30 anni.

L’obiettivo dell’iniziativa, si legge nel bando, è «di sensibilizzare e promuovere la tecnica e la metodologia del giornalismo d’inchiesta presso i giovani che si affacciano alla professione». Una professione alla quale però non tutti posso accedere in modo uguale. Tra i primi ad essersene accorti, gli internauti di Facebook che hanno sottolineato come le scuole di giornalismo non sono proprio alla “portata” di tutti.  E il pensiero condiviso è che «non tutti ce le possiamo permettere ma facciamo questo lavoro da un sacco di anni e speriamo in una simile opportunità». Una delle principali critiche mosse al bando riguarda, infatti, proprio i requisiti d’accesso. Limitare il bando ai soli frequentatori di scuole di giornalismo significa «privilegiare chi già si può permettere di pagare una borsa di giornalismo». «Credo proprio – sottolinea Andrea sulla pagina di Facebook di Repubblica – non abbia senso una distinzione del genere soprattutto nei confronti dei tanti laureati e giovani cronisti che non possono permettersi di pagare tasse da cinquemila euro all’anno per frequentare i master in giornalismo».

E un pensiero, tra i tanti commenti, va anche al giornalista che ha dato il nome al concorso. «Pessima l’idea di limitarlo alle scuole di giornalismo – scrive un utente del social network – come se tutti i talenti fossero concentrati solo lì. Chissà se Beppe sarebbe stato d’accordo con questa scelta, io che l’ho sentito parlare di talento al festival di Perugia, avrei i miei dubbi». Per visualizzare il bando completo clicca qui.

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  1. Che grossa ingiustizia! Come se non fosse evidente che chi frequenta una scuola di giornalismo può permettersi quella e molto altro ancora. E noi che lavoriamo tutto il giorno chi siamo?

  2. Caro Alessio,
    chi frequenta la scuola è anche chi chiede un muto per frequentarla, chi si guadagna la borsa di studio, chi lavora in un pub la sera per pagarsi la retta e seguire i corsi la mattina… Poi certo, ci sono anche i figli di papà, come ovunque, ma sono solo una piccola parte…

  3. Hai ragione Francesca. Io non l’ho potuta frequentare perchè non avevo una lira e i miei genitori mi hanno “spedito” a lavorare. Ma ci sono anche percorsi diversi e persone che si sono guadagnate quello che hanno oggi!

  4. Leggiamo dal sito di Repubblica.it che il Gruppo Espresso con la collaborazione delle Università e delle Scuola di giornalismo ha indetto un bando per onorare la memoria del grande giornalista scomparso lo scorso anno Giuseppe D’Avanzo. Si tratta di quattro borse di studio rivolte ad altrettanti giovani sotto i trent’anni iscritti all’ultimo anno di una Scuola di giornalismo riconosciuta dall’ordine o diplomati nelle Scuole da non più di 12 mesi. L’importo per ciascuna borsa ammonta a 10mila lorde suddivise in rate mensili.

    Errori di stampa, il coordinamento dei giornalisti precari di Roma, non può che gioire di fronte alla notizia che una simile opportunità venga data a quattro ragazzi – scelti però limitandosi a pescare nelle costose Scuole di giornalismo senza considerare affatto le centinaia di ragazzi che intraprendono altri percorsi – con la passione, e le capacità, per questo lavoro. Quel lavoro che D’Avanzo amava dal profondo e sapeva fare con cocciutaggine, competenza, professionalità e intelligenza.

    Ed è una buona notizia che si investa nella formazione, nel tirocinio e nell’accesso alla professione non con pochi spicci, ma con un finanziamento di 10mila euro per sei mesi. Una somma ambita da molti, moltissimi collaboratori, precari e free lance che spesso non viene raggiunta né avvicinata nemmeno nell’arco di un anno.

    Come abbiamo scritto nel nostro dossier, gli articoli scritti ad esempio per il quotidiano La Repubblica vengono pagati tra i 25 e i 50 euro lordi. E le collaborazioni fisse costano all’azienda anche 400 euro al mese, cioè 4800 euro l’anno. Meno della metà del valore della borsa di studio per il doppio della durata.

    Crediamo che un grande gruppo come l’Espresso debba investire, e bene, non solo sulla formazione “primaria”, ma anche sulla crescita dei propri giornalisti, un bacino enorme di qualità, competenze, contatti che va alimentato e non lasciato morire per inedia o “selezione naturale”. Crediamo che tutte le firme del Gruppo Espresso e di ogni testata, così come i lavoratori di ogni settore, debbano percepire un compenso equo e dignitoso che permetta loro di svolgere la professione in una condizione di serenità economica, di stabilità lavorativa, di indipendenza e di soddisfazione personale.

    Crediamo nel giornalismo, nella libertà di stampa e nella “laicità” dell’informazione. Abbiamo sempre sognato di condurre inchieste come quelle di Giuseppe D’Avanzo, di avere un decimo della sua penna o della sua caparbietà. Ma nelle condizioni in cui versano i precari, ricattati e ricattabili, pagati a basso costo, spremuti con orari massacranti, ci saranno sempre meno D’Avanzo e sempre più notizie riciclate. Il precariato fa male ai giornalisti, agli uomini e alle donne, ai lavoratori. Ma fa male anche all’informazione.

    (Qui il link al comunicato https://erroridistamparm.blogspot.it/2012/03/il-gruppo-espresso-ricorda-davanzo-ma.html )

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