Ricerca, senza investimenti non c’è sviluppo

Alcune delle eccellenze della ricerca pubblica italiana danno vita ad un importante appuntamento martedì 17 aprile. Infatti, la Fondazione Ugo Bordoni e la Fondazione per l’Innovazione Tecnologica Cotec, si incontreranno nella sede della Fondazione Guglielmo Marconi a Pontecchio Marconi per intraprendere una riflessione sull’innovazione tecnologica, la ricerca e il capitale umano.

 FUB e COTEC, Fondazioni con fini di ricerca, si incontrano a Villa Griffone, residenza storica di Guglielmo Marconi da cui partì il primo segnale radio della storia

Alcune delle eccellenze della ricerca pubblica italiana danno vita ad un importante appuntamento martedì 17 aprile. Infatti, la Fondazione Ugo Bordoni, Istituzione di alta cultura e ricerca con fini di promozione del progresso scientifico, e la Fondazione per l’Innovazione Tecnologica Cotec, che raccoglie le capacità, le esperienze e gli interessi delle istituzioni, delle imprese e del sistema della ricerca, si incontreranno nella sede della Fondazione Guglielmo Marconi a Pontecchio Marconi per intraprendere una riflessione sull’innovazione tecnologica, la ricerca e il capitale umano.

Partendo dalla presentazione dello studio intitolato “Il ruolo del capitale umano nel settore ICT”, realizzato da FUB e COTEC nel periodo aprile-agosto 2011, le due Fondazioni intendono alimentare il dibattito sulla presunta carenza di competenze (skill shortage) riferita ai laureati in ingegneria elettronica, informatica, gestionale, di telecomunicazioni. La storica Villa Griffone, dove Guglielmo Marconi fece i suoi primi esperimenti, è stata scelta proprio per evidenziare la centralità della ricerca, pura ed applicata, per lo sviluppo di un intero Paese.

Ai lavori, con inizio alle ore 10 e introdotti dal Presidente FUB Alessandro Luciano e dal presidente della Fondazione Marconi Gabriele Falciasecca, e dopo le esposizioni di Claudio Roveda, Direttore generale della Fondazione COTEC, e di Mario Frullone, Direttore delle ricerche FUB, prenderanno parte personalità istituzionali quali il Segretario generale dell’AGCOM Roberto Viola, il Presidente della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni On. Mario Valducci, l’onorevole Paolo Gentiloni nonché esponenti del mondo delle università e delle imprese che dibatteranno il problema in una tavola rotonda moderata da Giovanni Caprara del Corriere della Sera. Le conclusioni sono affidate al Sottosegretario del Ministero dello sviluppo economico Massimo Vari.

Il convegno è anche l’occasione giusta per fare il punto su un tema più che mai attuale, quello dell’Agenda Digitale. Mentre Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Europea e responsabile per l’Agenda Digitale, dichiara che entro il 2015 la necessità di competenze, il talent shortage, in Europa sarà circa di 700 mila professionisti, in Italia c’è l’urgente bisogno di cogliere le opportunità di crescita rappresentate dall’attuazione di una strategia digitale, e tale strategia può concretizzarsi solo investendo nella ricerca, principale spinta all’innovazione. Senza ricerca non c’è un futuro per l’Agenda Digitale italiana, che deve essere elemento fondamentale per una nuova cultura dell’innovazione nel nostro Paese e per rispettare gli obiettivi europei del 2013 e del 2020.

Un primo dato che emerge dallo studio FUB – COTEC è che in Italia non sembra esserci un problema reale di skill shortage riferito ai laureati in ingegneria: addirittura le aziende intervistate non hanno particolari difficoltà a reperire giovani ingegneri, dichiarandosi soddisfatte dei laureati assunti, a testimonianza del buon grado di funzionamento degli atenei italiani in tali materie. I risultati sottolineano piuttosto un altro aspetto:  la frequente incapacità manageriale di utilizzare al meglio tecnologie IT, servizi di telecomunicazioni e personale altamente formato in relazione al proprio business.

Problema parallelo è quello della formazione di competenze ICT che siano in grado di integrarsi con il nostro modello di specializzazione: il sistema della ricerca, pubblica o privata che sia, risulta frammentato e buona parte dei ricercatori è impegnata in realtà che hanno poco a che vedere con il sistema produttivo italiano; di conseguenza, le imprese hanno difficoltà reali ad utilizzarne i risultati.

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