Ricerca e lavora in America, il caso di Maurizio Porfiri

Maurizio Porfiri ha scelto di andare all’estero per spiegare le ali e volare alto nella carriera. Il successo non si è fatto attendere, lo scienziato romano, infatti, nel 2010 è entrato nella nota classifica “Brilliant Ten” della rivista Popular Science. Il laboratorio è la sua seconda casa, risorse ed indipendenza hanno determinato la scelta di partire.

Maurizio Porfiri ha scelto di andare all’estero per spiegare le ali e volare alto nella carriera. Il successo non si è fatto attendere, lo scienziato romano, infatti, nel 2010 è entrato nella nota classifica “Brilliant Ten” della rivista Popular Science. Il laboratorio è la sua seconda casa, risorse ed indipendenza hanno determinato la scelta di partire. “Negli States – spiega Maurizio – ho trovato il terreno ideale per costruire una carriera nella ricerca, con la possibilità di avere fondi importanti da diverse agenzie federali ed una forte visibilità internazionale”.

Chi è Maurizio Porfiri?
Sono nato a Roma nel 1976, ho studiato alla Sapienza dove ho conseguito la laurea in ingegneria elettronica e il dottorato di ricerca in meccanica teorica e applicata in co-tutela con l’Universita di Tolone. Nel 2005 mi sono trasferito in America come Post-Doc presso il Virginia Tech, ora sono professore associato presso i dipartimenti di mechanical and aerospace engineering del polytechnic institute of New York University. Sono arrivato a New York nel 2006 come assistant professor e dal settembre 2011 ricopro il ruolo di associate professor con tenure (l’ambito posto fisso). Nel 2006 ho costruito il DSL (Dynamical Systems Laboratory) un laboratorio di sistemi dinamici dove lavora un gruppo di 20 studenti che provengono da diversi settori disciplinari e da varie parti del mondo (naturalmente la metà di essi viene dall’Italia) ci occupiamo di teoria dei sistemi dinamici, modellazione di sistemi complessi e robotica sottomarina.

Quando hai deciso di andare via dall’Italia? C’è stato un motivo particolare?
Verso la fine del Dottorato Europeo mi sono guardato intorno per capire quale potesse essere la strada migliore per intraprendere la carriera di professore (che è sempre stato il mio desiderio) e quando nel 2005 mi è stato offerto un Post-Doc al Virginia Tech ho pensato che probabilmente negli Stati Uniti avrei avuto le migliori possibilità. Nel 2006 ho maturato la scelta di restare in America anche grazie al supporto di mia moglie Maria. Ci siamo quindi trasferiti a New York dove avevo ricevuto un’offerta dal Polytechnic Institute of New York University. A Roma stavo bene, la scelta è stata motivata dalle possibilità che gli Stati Uniti offrono ai giovani ricercatori per poter avviare una carriera accademica indipendente di alto profilo. Nel 2008 ho ricevuto il Career Award dalla NSF (National Science Foundation) e nel 2010 sono stato inserito dalla rivista americana Popular Science nei “Brilliant Ten”.

Credi che in Italia avresti avuto le stesse possibilità?
Penso che in Italia si possano avere simili possibilità. Sicuramente uno degli aspetti che più ha influenzato la mia scelta è stata l’opportunità di avere a disposizione nei primi anni della mia carriera molte risorse e tanta indipendenza. Il laboratorio e l’Università sono la mia seconda casa, forse la prima. Lavoro 15 ore al giorno, fino a quando non arriva la telefonata di mia moglie che mi mette in riga. Negli States ho trovato il terreno ideale per costruire una carriera nella ricerca, con la possibilità di avere fondi importanti da diverse agenzie federali ed una forte visibilità internazionale.

Cosa consigli ad un giovane che dopo il diploma sceglie di continuare gli studi all’estero?
In questi anni le possibilità per gli studenti di poter intraprendere un percorso di studi all’estero sono aumentate enormemente grazie al lavoro di tanti colleghi Italiani che spendono energie per creare opportunità formative di alto profilo. Sono, infatti, a conoscenza di molti programmi dual degree e double degree che le università italiane hanno costruito con Università negli Stati Uniti. Si tratta di percorsi ben strutturati che permettono agli studenti di avere dei titoli congiunti e offrono loro la possibilità di conoscere una realtà di lavoro e di vita diversa, che può solo arricchire il loro bagaglio culturale, cosi come ho potuto fare io durante i miei anni di studio.
Martina Gaudino

 

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