Terremoto, slitta la Maturità Mirandola: orali dal 25 giugno

Le strade di Mirandola sono quasi deserte, l’aria è calda e umida, ai lati delle strade, nelle aiuole, si incontrano tende e roulotte. Tutta la vita del centro abitato del modenese, investito dal terremoto, è concentrata in una struttura, la scuola media inferiore Montanari.
Mirandola, la scuola usata come deposito

REPORTAGE. Da Mirandola la nostra inviata Martina Chichi

La maturità a Mirandola – giorno 1
La maturità a Mirandola – giorno 2

Le strade di Mirandola sono quasi deserte, l’aria è calda e umida, ai lati delle strade, nelle aiuole, si incontrano tende e roulotte. Tutta la vita del centro abitato del modenese, investito dal terremoto, è concentrata in una struttura, la scuola media inferiore Montanari, unico istituto rimasto agibile nel centro abitato. Le tre superiori, i tecnici Galilei e Luosi e il liceo Pico non sono accessibili. Qui, tra scatoloni pieni di vestiti, scarpe, coperte e giochi e un via-vai di gente alla ricerca di informazioni presso gli sportelli allestiti dal Comune, gli studenti dell’ultimo anno affronteranno la prova che conclude un percorso di studio durato cinque anni.

Slittano gli esami. A partire dal 25 giugno, con cinque giorni di ritardo rispetto ai giovani del resto dello Stivale, nelle aule prese in prestito alla Montanari inizieranno a essere valutati i ragazzi di Mirandola, impegnati in queste ore nello sforzo di dedicare attenzione anche allo studio. Intanto, da oggi fino al 22 giugno, le commissioni d’esame visionano le tesine che saranno presentate agli orali in un incontro preliminare con gli studenti.

Cosa ha provocato il sisma. Tra le conseguenze del sisma e la confusione informativa che è girata intorno agli esami, i ragazzi marciano verso il 25 giugno incontrando molti disagi. La preoccupazione per l’esame di Stato si fa da parte per concentrarsi altrove; la preparazione passa in secondo piano di fronte alle altre incombenze; restano l’amarezza, la rabbia, la sensazione di non essere compresi da chi non ha non ha tremato. La solita scrivania è sostituita dal tavolino nella roulotte o fuori dalla tenda, dalle case ancora fruibili degli amici, dai gazebo allestiti. Chi ha potuto ha raggiunto lontano dall’epicentro nonni, zii, fratelli maggiori. “Con la mole di studio che c’è e la testa che invece non c’è, è difficile”, racconta Giulio, rappresentante d’istituto nel tecnico industriale Galilei. Giulio, Peter per i compagni, sa di essere fortunato: la sua casa è agibile; la paura lo spinge a dormire in tenda, ma l’abitazione ancora è lì. “I professori non sono macchine, anche loro stanno affrontando dei problemi, c’è stata confusione nella gestione burocratica – continua Peter – Solo ieri mattina siamo venuti a sapere che gli esami inizieranno il 25, fino a lunedì non eravamo neppure certi sulla possibilità di dover dare solo l’orale. La difficoltà vera, però, è data dal fatto che dobbiamo prepararci al caldo, fuori casa; alcuni ragazzi hanno i libri dentro edifici ormai inagibili e non possono recuperarli”.

Le testimonianze. Sergio, 18 anni, è uno di questi. Insieme ai testi, non ha potuto prendere nulla di ciò che era nell’appartamento al momento della scossa. Il palazzo nel quale abitava è a rischio crollo. Per superare la maturità, gli è stato concesso da poche notti, dopo aver trascorso quasi venticinque giorni in tenda insieme al fratello, si è riunito ai genitori in un albergo a pochi chilometri dalla città, dove potrà restare fino al trenta giugno. “L’esame di maturità è importante. Specie se dopo le superiori vuoi iniziare a lavorare, lo immagini per anni come l’atto che mette per iscritto tutto quello che hai imparato fino a quel momento. Non potrà essere come lo pensavo prima del terremoto. Le ore che dedico allo studio sono parecchie, ma quelle efficaci poche. Quando c’è la scossa non pensi a prendere lo zaino: io ho salvato solo qualche quaderno; per prepararmi incontro degli amici che mi danno una mano. L’impegno ce lo mettiamo, ma facciamo fatica, siamo stanchi e arrabbiati”. I piani per il futuro, dal giorno del terremoto, sono cambiati. Dopo un biennio trascorso al liceo, Sergio è passato al tecnico, ma avrebbe voluto frequentare ragioneria. L’idea di poter proseguire gli studi, frequentando una facoltà di economia e marketing, è sfumata. “A questo punto inizierò a lavorare, spero di riuscire a ottenere un buon voto e trovare un posto, così potrò contribuire alle spese della mia famiglia, che fa conto su un solo stipendio e dovrà pagare un affitto. Una volta lasciato l’albergo proverò ad andare in Calabria, dove si trovano i miei parenti, per intraprendere subito questo percorso”.

Un altro ragazzo, una diversa condizione. “Ho dedicato le prime tre settimane ad aiutare la mia famiglia, mio padre ha dovuto demolire la sua impresa e trasferirla in un’altra sede”, racconta Filippo. La sua casa è inagibile, vi potrà rientrare per la prossima Pasqua, forse. Per il momento vive nel suo furgoncino, all’interno del proprio giardino. Nonostante le difficoltà, Filippo spiega che la sua situazione è sostenibile. Terminate le superiori lavorerà nell’impresa di famiglia, una realtà locale importante, specializzata nella trasformazione del marmo. Prova rabbia per quanto è stato detto sull’organizzazione dell’esame di Stato e quanto, invece, è stato fatto. “I giornali scrivevano che sarebbe stato come all’Aquila, poi, una settimana fa, scopro di dover fare un orale nel quale ci giochiamo 75 punti – continua Filippo – C’è gente che vive in tendopoli, chi ha perso un parente. Ci viene detto che faremo solo l’orale per questioni di sicurezza, perché non ci sono locali agibili. È stato un brutto colpo, perché sembra che non si tenga conto della condizione psicologica dello studente, ma è proprio questa a fare lo studente. La situazione doveva essere presa in mano subito dalle istituzioni: noi abbiamo subito il danno, loro sono tranquilli lassù”.Elimina RispondiRispondi InoltraAntispamSpostaStampa Azioni Avanti Indietro.

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