Il prof. La Spina: “Germania, Francia, Inghilterra: lì i concorsi sono una cosa seria”

“Vi racconto come funziona un concorso truffa” – esclusiva Corriereuniv.it

I precedenti


Concorsi pubblici, che cosa succede all’estero? Qual è il metodo di selezione negli altri Paesi? Il “modello” italiano è un’eccezione?
Ne abbiamo parlato con Antonio La Spina, docente di Sociologia all’Università di Palermo e di Valutazione delle politiche pubbliche alla Luiss di Roma.

«L’Italia non è un caso unico, in diversi altri Paesi si assiste ad una permeabilità nel reclutamento dei dipendenti pubblici. E’ un fenomeno tipico dei Paesi del Terzo Mondo, più si va verso Paesi che hanno solide tradizioni amministrative, meno si riscontrano questi episodi.
Partiamo dal modello tedesco: per entrare nella pubblica amministrazione si deve intraprendere un percorso molto selettivo, un lungo apprendistato che inizia dall’università e si conclude con un esame nazionale, lo stesso per tutte le professioni giuridiche, che permette poi di accedere ai concorsi. C’è una forte aspettativa anche dell’opinione pubblica nei confronti di questa modalità di reclutamento e infatti in Germania, come negli altri Paesi del Nord Europa, non si ha notizia, se non in forma del tutto eccezionale, di concorsi truccati.
Il sistema francese, invece, è quello delle grandi scuole: la più famosa è l’École nationale d’administration che prevede selezioni durissime, per pochissimi posti. Già entrare in una di queste grandi scuole significa di fatto diventare dirigente. E’ una modalità di selezione molto valida, perché unita alla formazione e anche qui i fenomeni di concorsi truccati sono piuttosto rari.
C’è poi il modello britannico dove, avere nel curriculum la laurea a Oxford, a Cambridge, alla London School of Economics e in poche altre università del Paese, è un importante punto di partenza. Sono tre modelli in cui la selezione avviene a monte, riducendo così la pressione sui concorsi. I Paesi dove c’è permeabilità e disattenzione al merito sono, invece, spesso quelli in via di sviluppo: l’America Latina, i Paesi africani e quelli asiatici».

Qual è invece il modello statunitense?
«Alle origini del sistema amministrativo statunitense c’è lo spoil system, affermatosi sin dai tempi del presidente Andrew Jackson (dal 1829 al 1837 ndr), cioè l’idea secondo cui chi vince le elezioni, anche a livello locale, inserisce persone di suo gradimento. In questo caso, quindi, fenomeni di permeabilità sono più presenti anche perché, essendo gli Stati Uniti una repubblica federale, è più forte la componente locale. Il sistema nazionale solitamente è più garantista, ma come dimostrano i recenti episodi, non è sempre così. Furono gli stessi statunitensi a inizio ‘900 a criticare lo spoil system, richiedendo che molte posizioni all’interno dell’amministrazione fossero attribuite con criteri meritocratici. Ad oggi continuano ad averlo, ma fortemente ridimensionato».

Esistono dei dati sulla percentuale della corruzione in questi concorsi?
«Essendo un reato, i dati sulla corruzione si ricavano o dalle statistiche giudiziarie, che però riguardano solo i reati scoperti e offrono un quadro piuttosto riduttivo sulla dimensione effettiva del fenomeno, oppure si tende ad usare le graduatorie formulate ad esempio da Transparency International riguardo ai diversi paesi del mondo. E’ un sistema che si basa sul metodo della cosiddetta corruzione percepita: si chiede a degli osservatori qual è secondo loro il grado di corruzione del loro Paese e si lavora sulle loro risposte. Sembra interessare poco il nostro tema, visto che la corruzione solitamente riguarda altre attività, come gli appalti oppure il rilascio di determinate autorizzazioni, ma in realtà c’è un collegamento: se un Paese è permeabile sugli appalti, probabilmente lo è anche sui concorsi. Anzi proprio perché i dipendenti sono stati assunti in modo irregolare, questi tenderanno ad andare molto poco per il sottile anche sugli appalti. E’ del tutto plausibile che ci sia una forte correlazione tra concorsi truccati e appalti truccati».

Guardando la classifica di Transparency Internation, l’Italia è seconda solo a Grecia e Slovenia, a pari grado con la Slovacchia e seguita dalla Croazia.

Irene Pugliese

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