Addio all’Università italiana entro il 2020

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Addio all’Università italiana entro il 2020: rischia di essere questo il messaggio lanciato dal nostro Governo all’Ue. Eurostat, infatti, ha diffuso i dati relativi alle percentuali di laureati nella fascia compresa tra i 30 e i 34 anni all’interno dell’Eurozona per l’anno 2013: l’Italia si attesta all’ultima posizione assoluta tra i 28 Paesi membri dell’Unione, superata nell’ultimo quadriennio anche da Slovacchia (26,9%), Repubblica Ceca (26,7%) e, di poco, pesino dalla Romania (22,8%).

Un distacco destinato a crescere: l’Italia, infatti, pone come obiettivo per il 2020 il raggiungimento di quota 26-27% di laureati nella suddetta fascia d’età, il raggiungimento più basso tra quelli pronosticati da tutti gli altri Paesi europei. Come dire: il nostro obiettivo è quello di rimanere saldamente ultimi e se possibile aumentare il distacco dal resto d’Europa.

Basterebbe guardare ai dati presentati da Eurostat per capire quanto grave sia il ritardo italiano: a fronte dell’obiettivo posto dall’Unione Europea di un 40% di laureati, in media, tra tutti i Paesi dell’Eurozona (al momento siamo fermi al 36,8%), per alcune nazioni il problema praticamente non si pone: in Scandinavia, ad esempio, la stima arriva già al 50%; per l’Irlanda, invece, che già è al 52,6%, il traguardo è fissato al 60% di laureati, in Spagna i giovani laureati sono il 40,0%, in Francia il 44,0%, in Gran Bretagna il 47,6%. Ancora, guardando ai paesi Ocse il dislivello si fa persino più evidente: Giappone, Canada e Russia sfiorano il 60%, la Corea arriva al 65%.

Ma non finisce qui. Al di là dei dati Eurostat, infatti, sono diversi gli indicatori che segnalano la tacita, ma evidente, svalutazione del sistema universitario italiano: dal recente rapporto Anvur che segnalava un calo nelle immatricolazioni (e di conseguenza dei futuri laureati) nelle Università pari in media al 20% negli ultimi 10 anni, con punte che sfioravano il 30% nelle Regioni del Mezzogiorno; alla denuncia del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), che recentemente segnalava come, a causa di tagli e blocchi del turn over, il sistema accademico italiano perderà quasi il 30% dei professori universitari entro il 2018, con un conseguente calo della qualità dell’istruzione.

Una serie di gravissimi indicatori che in molti vedono quali elementi di un’unica strategia: quella di una vera e propria smobilitazione dell’apparato istruzione, quasi fosse un bene obsoleto su cui sarebbe ormai un lusso puntare.

Ma nei momenti in cui si hanno dei dubbi circa l’importanza della cultura diffusa in un paese bisogna ricordarsi sempre di una famosa massima di un ex-presidente dell’Università di Harvard, Derek Bok: “Se pensi che l’istruzione sia costosa, prova l’ignoranza”.

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