Donna, lavoratrice, fuori sede: l'identikit del laureato in Italia

Quanti sono i laureati in Italia? Quanto tempo ci impiegano per scrivere la tesi? Quali sono le aspettative di trovare lavoro? Ce lo dice il XIV RAPPORTO ALMALAUREA SUL PROFILO DEI LAUREATI, dal titolo “Laurearsi in tempi di crisi: come valorizzare gli studi universitari”. Ecco a voi un vero e proprio identikit dei laureati italiani, con un interessante confronto tra gli anni 2004-2011.
 
PIU’ DONNE – Le donne, che da tempo costituiscono oltre la metà del cielo anche all’università, sono ulteriormente aumentate ed oggi costituiscono oltre il 60 per cento del complesso dei laureati. Fra i laureati si manifesta una sovrarappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale, e ciò avviene senza differenze evidenti fra le diverse aree geografiche. Ciò non toglie che, anche nel complesso dei laureati, 72 su cento acquisiscano con la laurea un titolo che entra per la prima volta nella famiglia d’origine. I figli di genitori laureati sono più presenti nelle lauree specialistiche (29 per cento) rispetto alle triennali (24). I giovani di origine sociale meno favorita, che nel 2004 costituivano il 20 per cento, sette anni dopo sono diventati 25, e risultano ancora più numerosi fra i triennali (26 per cento). Con riferimento alla provenienza scolastica, sono sovrarappresentati i laureati con titolo liceale, in particolare sono concentrati nei corsi specialistici e specialistici a ciclo unico.
STUDIARE SOTTO CASA – Si accentua la tendenza a studiare sotto casa, una tendenza che potrebbe trovare spiegazione oltre che nella più ampia diffusione delle sedi universitarie anche nella necessità delle famiglie più disagiate di contenere i costi della formazione in un quadro economico particolarmente incerto. Nel 2011 oltre la metà dei laureati ha conseguito il titolo in una sede universitaria operante nella propria provincia di residenza: 52 per cento rispetto al 49 (tre punti percentuali più del 2004). Tutto ciò è particolarmente vero fra i triennali, meno nelle specialistiche.
ESODO SUD-NORD – Specifici approfondimenti consentono, in questa sede, un esame più puntuale della mobilità per motivi di studio. Tale mobilità conferma la sua forte caratterizzazione dal Sud verso il Centro e il Nord del Paese. L’aspirazione al trasferimento per motivi di lavoro al Centro-Nord riguarda il 37 per cento dei laureati che hanno conseguito il diploma secondario superiore al Sud: il 15 per cento ha deciso di rimanervi una volta completato gli studi, e un altro 22 per cento è disposto a trasferirvisi dopo il conseguimento della laurea in un ateneo del Sud. Dunque, la pur non elevata mobilità per motivi di studio a senso unico dal Sud al Centro-Nord non è necessariamente indotta da fattori legati alla qualità ed alla ampiezza della scelta formativa, ma anche alle aspettative legate alle più favorevoli opportunità di inserimento occupazionale. Una logica del tutto simile a quella che spiega le decisioni di alcuni nostri laureati di emigrare all’estero e che determina il saldo migratorio negativo a livello nazionale.
STUDENTI STRANIERI – Più che raddoppiata risulta la presenza nelle aule delle nostre università di giovani laureati provenienti da altri paesi (poco più di 7 mila nell’intero sistema universitario italiano), soprattutto nei cicli unici. Quasi il 50 per cento proviene da Albania, Romania, Grecia, Cina, Camerun, Germania, Francia e Polonia, ma la capacità attrattiva verso studenti esteri resta, nel nostro sistema universitario, molto al di sotto dei valori registrati in altri Paesi.
ETA’ MEDIA LAUREA – È aumentata, parallelamente, la percentuale dei laureati in età inferiore ai 23 anni (pressoché nulla fra i laureati 2004), che riguarda oggi oltre 17 laureati su cento.
Fra gli oltre 121 mila laureati triennali del 2011 l’età alla laurea è pari a 25,7 anni. Valori influenzati positivamente dalla riduzione della durata ufficiale dei corsi, ma gravato dal lievitare di un fenomeno di notevole interesse nel nostro sistema universitario: la presenza di una componente di laureati che ha fatto il proprio ingresso all’università in età superiore a quella tradizionale: si tratta di 12 laureati su cento immatricolatisi con un ritardo compreso fra 2 e 10 anni e di altri 6 su cento il cui ritardo all’immatricolazione risulta superiore ai 10 anni! Tra gli specialistici, l’età media è di 27,8 anni.
VOTAZIONE – La votazione finale rimane sostanzialmente immutata nei suoi valori medi complessivi (102,9 su 110 nel 2011) e raggiunge valori prossimi al massimo fra i corsi specialistici (107,8 su 110). In effetti, essa risulta molto diversificata per ambito disciplinare e per sede.
LAVORATORI STUDENTI – La diversità delle performance è sintetizzata in modo efficace dal ritardo alla laurea e dalla votazione alla laurea. I lavoratori-studenti impiegano in media il 90 per cento in più della durata legale del corso contro il 25 per cento degli studenti che non hanno lavorato durante gli studi. Il voto di laurea risulta pari a 104,5 su 110 per i laureati senza esperienze di lavoro nel corso degli studi universitari ed a 101,0 per i lavoratori-studenti. Aumentano anche le esperienze di lavoro condotte durante gli studi che, in misura crescente, risultano coerenti con gli studi intrapresi. Nel 2011 per 9 laureati su cento la laurea è stata acquisita lavorando stabilmente durante gli studi. Tra i triennali questo valore scende all’8 e tra i cicli unici addirittura al 3.
QUANTO TEMPO PER LA TESI? – Dal confronto tra l’identikit dei laureati 2011 e 2004, emerge una figura di neodottore che ha investito meno tempo nella predisposizione della tesi/prova finale (in media da 8,4 mesi fra i laureati 2004 a 5,7 mesi), il che capita non solo per i triennali, ma anche per gli specialistici, tenuti invece a elaborare una vera e propria tesi di laurea.
STUDIARE ALL’ESTERO – Le esperienze di studio all’estero dei laureati italiani, contrattesi nei primi anni della riforma, sono andate gradualmente riprendendosi e coinvolgono complessivamente il 14,2 per cento dei laureati del 2011. Ciò è avvenuto utilizzando soprattutto programmi dell’Unione Europea (Erasmus), altre esperienze riconosciute dal corso di studi (Overseas, ecc.) e iniziative personali.
CONCLUSIONI – Ma ogni scenario futuro non può che fare riferimento all’andamento delle immatricolazioni ridotte del 15 per cento tra il 2003 e il 2011. Una riduzione dovuta all’effetto combinato di molti fattori: il calo demografico, la diminuzione degli immatricolati in età più adulta (consistente negli anni immediatamente successivi all’avvio della Riforma), il minor passaggio dalla scuola secondaria superiore all’università (che aveva raggiunto il 73 nel 2003 e che nel 2009 è sceso a quota 63), il ridotto interesse dei giovani diciannovenni per gli studi universitari (solo il 29 per cento di loro vi si iscrive), la crescente difficoltà di tante famiglie a sopportare i costi diretti ed indiretti dell’istruzione universitaria in assenza di un’adeguata politica per il diritto allo studio. Tutto ciò, come si è detto, in un clima alimentato da una vasta campagna di critiche (che da giustamente severe si sono fatte via via gratuitamente denigratorie) nei confronti del sistema universitario italiano.

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