Jacopo, aspirante medico, sui 9 mila riammessi a Medicina: "Manipolati da chi pensa solo al proprio riconoscimento"

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Jacopo, studente di Medicina regolarmente iscritto dopo aver superato il test d’ingresso nel 2014 – 2015, in risposta alla decisione del Tar del Lazio di ammettere circa 9.000 aspiranti medici che, come lui, hanno sostenuto la prova d’accesso due anni fa, ma che non riuscirono a passare la prova selettiva, optando poi per un maxi ricorso contro il numero chiuso. “Il mestiere del medico è quello di avere sempre come cardine l’interesse del prossimo, e voi a quell’interesse siete venuti meno”, scrive ai suoi nuovi colleghi, Jacopo, ma sotto accusa c’è l’intero movimento contro il numero chiuso, animato, secondo l’aspirante camice bianco, da “persone che portano avanti una battaglia non per il vostro bene ma per il proprio riconoscimento”.
Qui di seguito la dura lettera di Jacopo:
 
Salve a tutti.
Sono uno studente, come tanti nel nostro Paese, che con estrema gratitudine nei confronti della mia famiglia, studia e si impegna per garantirsi un futuro migliore. Frequento la facoltà di Medicina e Chirurgia e per farlo, causa graduatoria nazionale, mi sono dovuto spostare di quasi mille chilometri dalla mia città, cosa che ho fatto ben volentieri dal momento che diventare un buon medico è il mio sogno.
Già dal liceo ho sempre visto la facoltà di Medicina come un luogo da sogno, un ambiente ricco di opportunità che ha sempre destato in me ambizione e voglia di mettermi al servizio della collettività e del mio bellissimo paese, l’Italia.
Mi sono impegnato per passare il test di ammissione del 2014, che con non pochi sacrifici ho superato e sono dunque oggi iscritto al secondo anno. Purtroppo però, per Medicina, il 2014 sarà ricordato come l’anno degli scandali, il plico mancante a Bari e la mancata riservatezza dei compiti, per esempio. Da tutto questo ne derivarono ricorsi e proteste, ed è di oggi la decisione del TAR del Lazio di ammettere definitivamente più di 9000 ricorrenti a Medicina, che raddoppia così il numero di iscritti programmati dal MIUR.
La vicenda ha scatenato non poche  polemiche, si è discusso della conformità o meno del numero chiuso, se fosse giusto mantenerlo oppure abolirlo. Ciò mi è stato di spunto per riflettere su qualcosa che è forse più grande di me, e la cui portata probabilmente né io né gran parte dei miei coetanei riusciamo a comprendere. 
La credibilità della facoltà di Medicina in Italia è sotto attacco, così come l’intero sistema sanitario nazionale, che nei prossimi anni dovrà necessariamente avvalersi dei giovani studenti che con me, prima di me e dopo di me si laureeranno.
Abbiamo investito tutti i nostri sogni, tutte le nostre risorse e tutta la nostra ambizione in qualcosa che si sta piano piano disintegrando in preda alla confusione che nel nostro Paese regna sovrana, così come la mancanza di serietà, meritocrazia, rigore, che l’Università, in uno Stato che si rispetti, merita. Forse l’Italia non è più uno Stato che merita rispetto, forse dobbiamo cominciare a convivere con questa idea e valutare di investire il nostro futuro altrove.
Si sono permessi, nel nome di un fittizio “diritto allo studio” gridato ad alta voce per aumentare consensi, di attaccare il numero chiuso in una facoltà dove (ahimè) risulta fondamentale per la nostra preparazione, per il nostro futuro di medici.
È stata portata avanti una crociata contro il numero chiuso non pensando che è proprio il numero chiuso che ci permette di poter fare tirocinio in ospedale dal terzo anno, laboratori ed attività didattiche che sarebbero altresì impossibili da svolgere se ci fosse un numero troppo alto di studenti a doverle sostenere.
Purtroppo ora è tardi, le università sono piene di ricorrenti che speranzosi credevano che una volta vinto il ricorso, ed entrati a Medicina, la strada sarebbe stata in discesa. Sbagliano: ora siamo tutti uguali, siamo tutti un peso da smaltire dalle varie università e nessuno di noi riuscirà ad avere la formazione che merita e che una facoltà come Medicina dovrebbe garantire.
Non riusciremo a fare l’utilissimo tirocinio, o se lo faremo non sarà più utilissimo perché saremo troppi per occupare le corsie dell’ospedale. Le aule saranno piene provocando disagi a tutti noi, i professori più severi per arginare l’ondata di aspiranti medici e riequilibrare qualcosa che di equilibrato ormai ha rimasto ben poco.
Personalmente avevo scelto questa facoltà credendo di trovare qualcosa di estremamente diverso, ma per ora non resta che la ferma volontà di concludere gli studi, con tutti i disagi che seguiranno, e investire il mio impegno e le risorse, che col sudore e i sacrifici i miei genitori mi concedono, altrove. Magari in un Paese dove la serietà, la meritocrazia ed il rigore non siano alla mercé di persone che portano avanti una battaglia non per il vostro bene ma per il proprio riconoscimento, perché ricordate, siete si entrati a Medicina, ma siete entrati in una facoltà che non è nemmeno lontanamente quella che dovrebbe essere, per voi, per noi e per tutti coloro che un giorno ci troveremo a dover curare.
Il mestiere del medico infatti, è quello di avere sempre come cardine l’interesse del prossimo, e voi a quell’interesse siete venuti meno, perché se non saremo abbastanza preparati sarà per quel tirocinio che non abbiamo potuto fare, per quel laboratorio che abbiamo fatto male, per quelle lezioni che non siamo riusciti a seguire come avremmo voluto.
Cordiali saluti
 
Jacopo

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  1. Salve gentile sig. Salvione, strano che un “medico plurispecialista” non riesca a capire un discorso così semplice. La facoltà di Medicina prevede, a differenza di altre facoltà, attività formalizzati (tirocinio ad esempio) che devono essere necessariamente svolte, e nelle migliori condizioni possibili. Non faccia riferimento a condizioni utopistiche che nel nostro paese certamente non sono, per ora, attuabili. Il numero chiuso, in maniera più o meno restrittiva è applicato alla facoltà di Medicina non solamente nel nostro paese, ma anche in tutti quegli Stati che prendiamo usualmente come esempio. La possibilità di seguire la facoltà di Medicina è data infatti a TUTTI, perché TUTTI possono sostenere il test di ammissione, che è il primo esame che si sostiene per poter diventare medici. Come tutto però, deve essere soggetto alla meritocrazia: i trasferimenti ad esempio, dove solamente i migliori, ovvero quelli con media e crediti necessari riescono spuntarla. Quando l’Italia avrà le risorse necessarie per sostenere un più elevato numero di aspiranti medici, cosa che per adesso non è fattibile, ne riparleremo. La saluto cordialmente.

  2. Non si risolve la mancanza di risorse necessarie a sostenere un maggiore numero di studenti ricorrendo ad una tipologia di test di ammissione che per buona parte ha l’obiettivo palese di “far inciampare” chi lo sostiene. Domande di ragionamento logico dal testo chilometrico che soltanto per essere LETTE e sommariamente comprese richiedono all’incirca due minuti (e tu saprai benissimo che in quel l’aula il tempo è prezioso come l’oro) non sono altro che “sgambetti” volti a rallentare,angosciare e confondere fino a far fallire. Domande di cultura generale come quella in cui ti si chiede quali paesi collega il ponte di Oresund sono domande – a parer mio – poco sensate se si ha come obiettivo quello di formare medici (umani e veterinari) più preparati.Un test di ammissione in cui le domande di logica superano numericamente quelle di chimica e biologia(che innegabilmente sono le materie che più competono a un medico) non è un test che premia chi studia e conosce e quindi chi veramente ha merito,ma un modo subdolo e meschino di far fuori più candidati possibile. Fondamentale per la nostra preparazione è proprio l’attuazione di quelle condizioni che tu definisci utopistiche, vale a dire un maggiore investimento in quanto è necessario a garantire a noi studenti un’istruzione degna di questo nome sia che siamo 100,sia che siamo 100000, e se proprio dovessimo essere troppi e troppo difficili da gestire,numericamente parlando,i test proposti dovrebbero essere test adeguati, con domande intelligenti e pertinenti alla nostra professione futura,almeno alla lontana,e non domande relative al numero dei bulbi piliferi trovati sul pube del cadavere di Enrico VIII.

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