Maturità, prima prova: lo scivolone dei commissari sulla traccia socio-economica

nella scelta delle fonti relative alla traccia socio-economica, i commissari includono quella di un’azienda di lavoro temporaneo, fra ONU e MIT compare così la Manpower, nota multinazionale del settore interinale.

Tutti noi sappiamo quanto sia importante la prima prova per i maturandi, finanche l’indirizzo politico impresso in quelle indicazioni che quest’anno ha avuto come protagonista senza dubbio la preservazione ambientale. Quest’ultimo tema è sembrato essere il filo di fondo comune tra le varie tipologie proposte stamattina: dall’analisi del testo, al tema di attualità, passando per il saggio breve e il tema storico.
In un momento storico caratterizzato dalle fake news e dalla scelta delle fonti cui attingere per costruire i propri contenuti, ha destato stupore la scelta dei commissari di mettere insieme nell’ambito Socio Economico(2B), fonti primarie prestigiose come l’ONU, con quella di un’azienda di lavoro temporaneo e un think tank (Pew  research center). Una scelta discutibile a parere di chi scrive che poteva essere evitata, vista la grande quantità di autorevoli fonti internazionali cui attingere.  

Secondo questa indagine raccolta dal sito CorCom, digitalizzazione e automazione del lavoro rappresentano un’opportunità.  I risultati rivelano che, a livello mondiale, oltre il 90% dei datori di lavoro intervistati prevede che la propria azienda verrà impattata dalla “quarta rivoluzione industriale” nei prossimi due anni, e che questo fattore influenzerà la caratterizzazione delle competenze dei lavoratori verso una sempre maggiore digitalizzazione, creatività, agilità e “learnability”, l’attitudine a rimanere costantemente aggiornati e a continuare ad imparare.
Di altro avviso risulta essere uno studio del Mit-Università di Boston che ha invece fatto emergere quanto l’automazione abbia già distrutto posti di lavoro.  Infatti, tra il 1990 e il 2007 l’automazione nei processi di produzione è costata agli Stati Uniti la perdita di 670mila posti di lavoro. La metà di questi è direttamente legata ai processi di produzione, quindi ai lavoratori fisicamente sostituiti dai robot, e l’altra metà ai licenziamenti generati nel settore del commercio dalla perdita del potere d’acquisto per gli operai usciti dal circuito del lavoro.
Per i lavoratori “espulsi” dal sistema, inoltre, emerge dalla ricerca, il processo di “adattamento” ai cambiamenti tecnologici risulta molto più lento di quanto preventivato, e più doloroso dal punto di vista dei costi sociali. Ogni robot industriale, secondo la ricerca, ha eliminato in media tre posti di lavoro “per umani”, più altri tre posti di lavoro nei sistemi economici locali interessati da questo mutamento. Per porre rimedio a questa situazione, tra l’altro, non si sarebbero dimostrati abbastanza efficaci gli sforzi del Governo statunitense per dare nuove chance ai lavoratori che hanno perso il lavoro, con intere comunità che hanno visto scendere drasticamente il proprio potere d’acquisto. Situazione che non sarebbe il risultato di un “contraccolpo” limitato nel tempo, ma di una ferita che per rimarginarsi potrebbe richiedere un’intera generazione.
Tema molto interessante, ma di difficile lettura, “liquido”, per dirla alla Bauman. e proprio sul teorizzatore della società liquida che avevamo scommesso qualche centesimo nel nostro tototraccia. Ma come sempre non ci abbiamo preso.
Marco Vesperini

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