Con la sentenza del 5 giugno la Cassazione ha aperto un possibile spiraglio di luce alla detenzione del boss mafioso Totò Riina, rinchiuso in regime di 41 bis, ormai malato e probabilmente vicino alla fine dei suoi giorni, per il quale il tribunale di sorveglianza di Bologna aveva rigettato a fine 2016 la possibilità di una pena alternativa. I giudici del Palazzaccio hanno annullato l’ordinanza del tribunale con rinvio: un giudizio di legittimità sul caso e non di merito, affermando che il tribunale di Bologna dovrà verificare di nuovo, motivando adeguatamente, l’eventuale compatibilità delle condizioni generali di salute di Riina con la detenzione carceraria. E dovrà farlo tenendo conto, nei confronti di Riina, del rispetto dei criteri ribaditi dalla Suprema Corte e dei principi stabiliti dalla Costituzione.
La tematica dell’etica di detenzione è estremamente delicata. Nella sentenza i giudici ricordano quanto attesta la Costituzione e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo in merito di detenzione inumana. In questi giorni molte personalità italiane si sono espresso sulla vicenda. Rita dalla Chiesa, figlia el generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso da Cosa Nostra su mandato di Riina, ha dichiarato: “Mio padre una morte dignitosa non l’ha avuta”. Il tema è stato affrontato anche dagli studenti di Scuola 107 la radio degli studenti.
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