Alternanza scuola-lavoro, 1 studente su 2 boccia i percorsi. Nelle aziende solo uno su quattro seguito da tutor

Uno studente su due pensa che il proprio percorso di alternanza scuola-lavoro non riguardi i propri interessi e capacità. Nei licei solo un docente su tre è considerato competente del percorso svolto, a differenza del 69% di quelli degli istituti tecnici e professionali. Mentre tre liceali su quattro svolgono gli orari orari di alternanza completamente al di fuori dell’orario scolastico. Questi sono i dati del monitoraggio sull’Alternanza scuola-lavoro della Rete degli Studenti Medi presentato questa mattina presso la Camera dei Deputati. Il rapporto, a cui hanno contribuito Fondazione Di Vittorio e CGIL, riguarda un campione di 4000 studenti di 4° superiore dell’intero territorio nazionale a partire dal gennaio 2017: 17,6% professionali, 26,7% tecnici, 55,7% licei. I dati confermano i casi di cronaca estivi dove molti studenti hanno dovuto sostenere spese di spostamento: bel il 32,3%, con un costo medio per studente pari a 72 euro. 
Dato centrale dell’indagine è la mancanza di tutor formativi all’interno del mondo del lavoro, soprattutto micro e piccole imprese, a cui l’alternanza si è affacciata in questi suoi primi due anni di vita. Solo il 25% degli intervistati è stato seguito da un dipendente con delega specifica, mentre sono il 33% gli studenti che hanno avuto come tutor aziendale un dipendente con mansioni differenti: il 15,4% è stato lasciato completamente solo durante l’alternanza. Migliore invece la risposta delle scuole dove quasi uno studente su due è stato adeguatamente seguito, contro uno studente su quattro nelle ore in azienda. Ciò che emergenze non è soltato una difficoltà oggettiva da parte delle imprese nel formare studenti in alternanza ma perfino i propri lavoratori. “Vi è un’avidente difficoltà nel trovare chiari percorsi di alternanza, soprattutto al Sud, spesso estemporanei e occasionali – afferma Anna Teselli della Fondazione Di Vittorio – Mentre vi sono casi di accellenza in cui vengono stretti accordi con imprese e associazioni. L’alternanza deve avere degli standard di qualità per tutti, non solo per alcuni”. Una questione di chiarezza e di possibilità di scelta dei percorsi, un aspetto più volte chiesto dagli studenti stessi, che dovrebbe essere messo nero su bianco in una Carta dei diritti e doveri che il Miur sta portando a compimento dopo un lungo iter programmatico. Ad oggi, però, non si conoscono ancora i contenuti di tale documento. 
“L’alternanza o diventa ora quello che dovrebbe essere oppure non lo diventa più”, afferma Gianmarco Manfreda coordinatore nazionale della Rete degli Studenti Medi. “Non è possibile che più della metà degli studenti in alternanza facciano questo percorso fuori dagli orari scolastici – afferma – sottoponendo gli stessi a stress e togliendo tempo allo studio”. Il 31,2% degli intervistati infatti riscontra di aver fatto più ore di quelle necessarie. “Dal nostro studio emerge come il 53,8% degli studenti vive nella giusta maniera il percorso di alternanza – sottolinea – compito del Ministero non è quello di cercare soltanto dei luoghi di alternanza scuola-lavoro ma di mettere al centro la qualità della formazione dello studente”. Poca chiarezza significa maggiori rischi per gli studenti di lavorare gratuitamente senza una reale formazione o nei casi limite, nell’illegalità. I recenti fatti di La Spezia rafforzano tale preoccupazione. Gli studenti, poi, puntano il dito sull’errata idea che l’alternanza debba favorire l’immediata occupazione, quanto invece l’occupabilità degli studenti, ciò l’insieme di quegli strumenti che possano aumentare la possibilità di orientarsi nel mondo del lavoro. “Noi siamo convinti dell’utilità dello strumento di alternanza – conclude Manfreda – ma questo deve far parte di un percorso formativo complessivo con obiettivi chiari”. 
 

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