Katowice: le mie prime impressioni

Il 26 settembre sono arrivata all’aeroporto di Napoli con una maglietta a maniche corte, due valigie piene di qualsiasi cosa potesse tornarmi utile e tanto entusiasmo.
Due ore più tardi, al momento dell’atterraggio a Katowice cercavo disperatamente di tirare fuori una felpa dalla valigia e mettevo seriamente in dubbio la mia sopravvivenza. Tutto sommato, senza tenere conto dell’enorme differenza di temperature, quella sera c’era un tramonto bellissimo e il primo giro nel centro della città mi ha sorpresa per vari motivi: le luci, i palazzi, la disponibilità delle persone.
Arrivo al dormitorio che mi è stato assegnato, una signora dall’aria simpatica mi apre la porta e mi dice qualcosa in polacco. Ah. Iniziamo bene.
Dopo aver capito poco e nulla ed essermi riuscita a registrare solo grazie ad una ragazza che parlava polacco, arrivo alla mia camera. (Se vi stesse chiedendo come sono riuscita ad interagire con le signore della Recepcja del dormitorio nei giorni seguenti, non ci sono ancora riuscita e si accettano consigli)
Il primo impatto con la vita da Erasmus è stato molto tranquillo, forse fin troppo dato che per tutta la settimana mi sono sentita come se fossi in vacanza in una città straniera senza realizzare che la mia camera nel dormitorio sarà il posto che dovrò chiamare casa per i prossimi 10 mesi.
Dal momento in cui siamo arrivati l’università ospitante ha organizzato una serie di eventi per coinvolgerci, farci ambientare e socializzare tra di noi. Oltre ad un provvidenziale corso di polacco per sopravvivenza, ci sono state proposte una serie di attività che variano da visite guidate dei principali luoghi d’interesse della zona, a feste incentrate particolarmente sulla cultura del luogo. Una delle giornate che ho apprezzato di più personalmente è stata la gita a Cracovia, anche se purtroppo è stata molto breve e rimane una città che mi ripropongo di visitare con più calma non appena ne avrò il tempo.
Ho avuto un po’ di problemi con la sistemazione in generale, la connessione ad internet (con conseguenti attacchi di panico di mia madre), la documentazione su di me era stata inviata al dipartimento sbagliato, il freddo che mi congela anche i pensieri… ma tutto sommato le persone con cui ho avuto a che fare si sono dimostrate molto disponibili ad aiutarmi e dopo questi primi intoppi la mia permanenza qui dovrebbe essere quasi del tutto sistemata.
Ovviamente socializzare in situazioni come questa è molto semplice, quindi insieme a tutti gli altri studenti Erasmus abbiamo provato ad orientarci e conoscere meglio la città, le abitudini e le tradizioni locali. Il ché ci porta ad un problema fondamentale: il cibo. Eravamo tutti disperati, non avevamo trovato nulla di tipico da assaggiare, quando all’orizzonte sono apparsi i pierogi a dare un barlume di speranza a italiani, turchi, francesi, spagnoli e portoghesi che rimpiangevano le loro mamme/nonne/zie in cucina.
In realtà poi siamo riusciti a trovare molte cose davvero buone ma se vi dovessi dire che non mi manca la pizza, mentirei.
Quello che posso dire di questa esperienza per adesso è che l’ambiente in cui mi trovo è molto più inclusivo ed accogliente di quanto mi aspettassi, l’università sembra avere un’attenzione diversa riguardo i propri studenti rispetto a quella a cui siamo abituati in molti atenei d’Italia e questo può essere un grande punto a favore per chi, come me, non appartiene ad un percorso di studi specifico ma può modificarlo quasi del tutto a suo piacimento.
Sto scoprendo che la Polonia è un paese molto lontano da quelli che sono troppo spesso i nostri stereotipi e spero di riuscire a raccontarvi almeno una piccola parte di quelle che saranno le mie esperienze qui.
 

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