Legge di stabilità: aumenta lo stipendio dei presidi e dei docenti ma senza gli 80 euro

Un miliardo e 95 milioni su 20 per l’istruzione e la ricerca. Questo l’ammontare totale ripartito per le varie spese di indirizzo della manovra “snella” approdata oggi in Parlamento. Poco margine sarà disponibile per gli emendamenti, men che meno per quelli provenienti dai banchi dell’opposizione. Per i dirigenti scolastici è previsto un aumento di 11.899,74 euro lordi dal settembre 2018: 440 euro netti al mese. I presidi avevano anche protestato questa estate contro mancata perequazione e per l’ennesimo aumento di responsabilità, di gran lunga maggiore rispetto agli stessi dirigenti della pubblica amministrazione, che però guadagnano quasi il doppio. L’adeguamento degli stipendi riguarderà gli attuali 7.993 presidi italiani. Viene confermato anche il concorso, sempre per il prossimo anno, per coprire 2.425 posizioni vacanti momentaneamente coperte da 1.700 reggenze di altri presidi supplenti. 
Nella manovra, poi, ci saranno i soldi per avviare – nel 2018 – un concorso pubblico anche per l’assunzione dei direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga), figure obbligatorie per le scuole con almeno seicento alunni. Potranno partecipare al bando gli assistenti amministrativi (quasi sempre non laureati) che, all’entrata in vigore della legge, avranno maturato almeno tre anni di servizio a tempo pieno negli ultimi otto: una fetta che corrisponde a 1.213 poltrone vacanti. Mentre per i docenti c’è un aumento di 85 euro lordi, per tutti, ma col trucco: quelli che percepivano gli 80 euro, il 41%, dovrà fare a meno di questa entrata, insomma l’aumento sarà di 5 euro, lordi va ricordato. Il rinnovo contrattuale riguarderà 3 milioni e 70mila dipendenti pubblici, di questi sono 1 milione e 191 mila i docenti e amministrativi scolastici: un costo pari a 671,98 milioni di euro. Ma alcuni sindacati dubitano delle coperture finanziarie sugli aumenti.
Per i docenti dell’Università in sciopero degli esami invece gli scatti triennali diventeranno biennali a partire dal 2018 e con decorrenza 1 gennaio 2016. Ma agli 11mila prof non basta: “Chiedevamo la decorrenza economica dal 2015, con questa scansione ci vorranno dieci anni per recuperare quanto abbiamo perso”. Aumentato il Fondo per il finanziamento ordinario di 60 milioni nel 2018, 75 milioni per il 2019, 90 milioni per il 2020, 120 milioni per il 2021 e 150 milioni dall’anno 2022. “Un intervento che favorirebbe soprattutto i giovani docenti, anche in materia pensionistica”, fanno sapere dal Mef. L’aumento dell’Ffo però permetterà di assumere, dal prossimo anno, 1.304 ricercatori universitari e 307 ricercatori degli Enti pubblici di ricerca. Costerà 90 milioni a partire dal 2019. Poi ci sono 17 milioni nel 2018-2019 per il “conseguente consolidamento nella posizione di professore di seconda fascia”. Per il riparto dei fondi agli atenei si fa riferimento alla Valutazione della qualità della ricerca dell’agenzia di valutazione Anvur. 
Confermata la “no tax area”: gli studenti provenienti da famiglie con Isee inferiore a 13.000 euro non pagheranno tasse per l’ingresso all’università. Non sono presenti invece aumenti per le borse di dottorato, come richiesto dall’Adi rispetto ai compensi fuori dall’Italia. Né la conferma dei 30 milioni di euro previsti sul welfare studentesco dalla delega della Buona scuola (libri di testo, educazione digitale, trasporti). Mentre sono confermati, nell’ambito del Programma nazionale per la ricerca, i 497 milioni per finanziare progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale “nelle dodici aree di specializzazione intelligente scelte a livello nazionale”. Le risorse sono destinate per 393 milioni di euro alle regioni del Mezzogiorno e per 104 milioni al Centro-Nord.

Total
0
Shares
Lascia un commento
Previous Article

Fuga a Tallinn!

Next Article

Energie rinnovabili: 66 borse di studio per tirocini all'estero

Related Posts