Il maestro di Foligno: "Ho fatto un esperimento, volevo provocare". Sale l'indignazione dell'opinione pubblica.

Il maestro di Foligno accusato di razzismo si è scusato attraverso il suo avvocato, in una nota inviata all’agenzia Ansa. Non si placa la polemica e le richieste di licenziamento.

Le dichiarazioni del maestro di Foligno Mauro Bocci che ha giustificato come “un esperimento ed una provocazione” i fatti di cui si è reso protagonista qualche giorno addietro, meritano una riflessione aggiuntiva. Così come questo episodio fornisce ancora una volta, se non bastasse, l’urgenza di aprire un dibattito serio sull’accesso alla carriera di insegnante nel nostro Paese.
Andiamo per gradi. Se per esperimento intendiamo la realizzazione di un’operazione empirica atta a confermare ipotesi o trovare leggi riguardo a un fenomeno osservabile, Bocci deve spiegare a quale ipotesi lavorasse. Cercava conferma a che cosa?
Se avesse voluto fare davvero un esperimento avrebbe dovuto prepararlo adeguatamente, visto che si tratta di bambini e di scuola. Condividerlo con i colleghi, data la delicatezza del tema, indicando il metodo, gli strumenti e i riferimenti scientifici di partenza, prima di mettere in moto un’iniziativa così forte. Negligente quindi.
E poi, lo sa il supplente Bocci che i bambini non hanno ancora un sistema cognitivo sviluppato? Come può da adulto parlare di “provocazione” nei confronti di bambini in condizione di naturale inferiorità?
Credo che la toppa sia peggio del buco e che non vi sia altra strada che quella dell’espulsione di Bocci dal mondo della scuola e dell’insegnamento.
L’episodio di Foligno è l’occasione per ribadire l’importanza del tema del reclutamento dei docenti. Abbiamo bisogno di una nuova classe di insegnanti che garantiscano non solo di avere conoscenze(titoli) ma soprattutto di avere abilità e competenze diventate indispensabili in una fase di epocali trasformazioni. Saper formare, motivare e guidare i nostro ragazzi è la vera scommessa che abbiamo davanti.
Finora bastava vincere il concorso per andare in cattedra(è in corso con la legge di bilancio un tentativo di riformare l’accesso alla professione), e pazienza se il professore non è capace di insegnare, di relazionarsi e comunicare con i ragazzi. O peggio se ha disturbi mentali o altre problematiche.
A lui la cattedra e tutto ciò che ne consegue.
Non c’è da buttare il bambino con tutta l’acqua, per carità. Ma occorre una volta e per tutte metter mano ad un sistema che non garantisce. Il ministro Bussetti ed il Governo del cambiamento hanno una bella sfida da affrontare. Si giocano con questa partita gran parte della loro reputazione.
E soprattutto è in gioco la crescita e la formazione dei nostri giovani, che hanno bisogno di veri maestri: capaci, competenti ed affidabili. Il futuro del Paese, il rilancio, la crescita, dipenderanno dagli allenatori che sapremo scegliere da qui in avanti.
Mariano Berriola
 
 
 

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