La prima introduzione a Medicina risale al 1997, quando lo stesso ministro Zecchino lo istituì con un decreto ministeriale. Ma già alla fine degli anni Ottanta, molti atenei iniziarono a limitare l’accesso ad alcune facoltà, mediante decreto rettorale. Decisioni fortemente contestate con numerosi ricorsi per incostituzionalità (in particolare con riferimenti agli articoli 3, 33, 34 e 97), accolti dai Tribunali Amministrativi Regionali.
La sentenza n. 383 del 27 novembre del 1998 della Corte Costituzionale, giudice relatore Gustavo Zagrebelsky, stabilì tra l’altro che «L’accesso ai corsi universitari è materia di legge». La disposizione di legge sottoposta al controllo di costituzionalità attribuisce al Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di disciplinare con proprio atto l’accesso alle scuole di specializzazione e ai corsi universitari, «anche a quelli per i quali l’atto stesso preveda una limitazione nelle iscrizioni». Ma la Corte sottolineava che «l’intera materia necessita di un’organica sistemazione legislativa, finora sempre mancata: una sistemazione chiara che, da un lato, prevenga l’incertezza presso i potenziali iscritti interessati e il contenzioso che ne può derivare e nella quale, dall’altro, trovino posto tutti gli elementi che, secondo la Costituzione, devono concorrere a formare l’ordinamento universitario».
Così nel 1999, sempre con la firma del Ministro Zecchino, fu promulgata la legge n. 264/1999 intitolata «Norme in materia di accessi ai corsi universitari», composta da cinque articoli e che definì non solo la programmazione a livello nazionale per Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria, Odontoiatria e protesi dentaria e Architettura, ma anche la possibilità di programmare il numero degli iscritti a livello locale valutando attentamente alcuni parametri quali posti nelle aule, attrezzature e laboratori scientifici, personale docente e tecnico.