Fioramonti, il ministro dell'Istruzione green che vuole un miliardo per l'Università

ROME, ITALY – JUNE 13: Lorenzo Fioramonti during the oath of the Vice Presidents and Subsecretaries at Palazzo Chigi on June 13, 2018 in Rome, Italy. The Italian Government is completed by the appointment of 39 Under-Secretaries and 6 Vice-Presidents.(Photo by Simona Granati – Corbis/Corbis via Getty Images,)

Giovane, faccia pulita (con barba), pensiero green e la ferma convinzione che il Pil non può essere più l’unico metro di misura dello sviluppo di uno Stato. Si chiama Lorenzo Fioramonti ed è il successore del governo giallo-rosso (Conte bis) dell’ex ministro Bussetti a viale Trastevere – sede del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Laurea in Filosofia all’Università di Siena, 42 anni, professore in aspettativa all’Università di Pretoria in Sudafrica, già sottosegretario, poi viceministro, del governo a trazione 5Stelle-Lega. Spesso silenziato dagli ex colleghi al Miur Bussetti-Valditara per le sue idee in controtendenza, a giugno aveva dichiarato: ““O si trovano i soldi per gli atenei o a dicembre mi dimetto”. Un anatema che sembrerebbe essersi scagliato su tutta la compagine governativa, ma che rischia di essere un boomerang per lo stesso prof che da oggi avrà molto da lavorare per far entrare nella prossima finanziaria quel miliardo per l’università reclamato.

A dire il vero il giovane ministro un progetto di assunzioni per l’Università lo aveva proposto in primavera: ridurre ad un massimo di 5 anni il periodo del precariato. Subito fermato dalla Lega. E quel mondo di cui ha fatto parte è lo stesso che ha punito i pentastellati alle elezioni Europee. Supportati dallo stesso che durante un dibattito alla Sapienza di Roma dichiarò: “Mandate un segnale così che qualcuno possa svegliarsi”. Di anno in anno cresce la percentuale dei docenti senza ruolo e diminuisce, in maniera proporzionale, la presenza di personale giovane. Vale a dire che sono in molti, tutti, quelli che superano abbondantemente i 5 anni di precariato. I docenti e i ricercatori di ruolo sotto i 35 anni, ad esempio, nel 2005 erano 3500 su tutto il territorio nazionale. Nel 2017, dopo una riduzione impressionante, sono scesi a 42. Drastico calo anche per i docenti e i ricercatori di ruolo della fascia di età più grande, dai 35 ai 44 anni: nel 2005 erano 16mila, nel 2017 sono stati dimezzati fino ad arrivare a 8mila unità. Resistono solo i cinquantenni e oltre. E lo spazio per i giovani si assottiglia sempre di più.
Sul fronte scolastico, che gli è meno affine e dove ha dovuto battere la concorrenza interna dell’altro sottosegretario uscente, Salvatore Giuliano, e, soprattutto quella in casa del senatore Nicola Morra, Fioramonti ha già detto che bisogna combattere le classi pollaio: “I miei figli studiano in Germania e lì non si superano i ventun posti per aula”, ha dichiarato. Crede nell’assorbimento del precariato docente e individua in due miliardi le necessità di bilancio aggiuntive della scuola italiana. Vuole, ancora, una forte virata al decreto sull’autonomia differenziata, cavallo di battaglia leghista: sistema scolastico e stipendi degli insegnanti devono restare nazionali. Se le Regioni vorranno aggiungere, a casa loro, benefit individuali e affitti calmierati per i docenti in trasferta, saranno applaudite.
Ma dove trovare i soldi? La risposta, seppur quasi parodistica, il prof l’aveva già data: “Micro tasse di scopo su attività dannose o inquinanti: potremmo ricavarne 2,5 miliardi”. Voli aerei, merendine, bibite zuccherate, sigarette e quant’altro per finanziare docenti e ricercatori. Una svolta green che potrebbe piacere ai democratici? In fondo a proporla è un accarezzatore della decrescita felice che dopo aver accettato contro voglia il sottosegretariato del Miur nel giugno 2018 ora ha chiesto a premier Conte di poter portare avanti il lavoro fin qui avviato: “Nella scuola e nell’università ci sono le fondamenta di un Paese”.
 
 
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