Tagli agli atenei, l'allarme del rettore dell'Università Federico II: «A rischio contratti e borse di studio»

All’ultima assemblea dell’anno della Conferenza dei rettori delle università italiane inevitabilmente si parlerà dei mancati stanziamenti nella Legge di bilancio. Il miliardo di euro in più per università e ricerca chiesto a gran voce dal ministro Lorenzo Fioramonti era stato accolto favorevolmente dalla Crui, che finalmente sperava di rilanciare un settore in grado di creare sviluppo ed economia all’intero Paese. E invece, dopo il sì al Senato, traspare la grande delusione del mondo accademico per «un’occasione mancata» che mette a serio rischio prima di tutto il rinnovo dei contratti a tempo determinato per migliaia di ricercatori, ossia coloro che rappresentano il motore della ricerca nazionale. Non solo il miliardo richiesto (e atteso) non è arrivato, ma le risorse ottenute per questi settori così delicati e importanti sono meno consistenti rispetto al passato. Il presidente della Crui Gaetano Manfredi, nonché rettore dell’Università degli studi di Napoli Federico II, non nasconde la delusione ma non si lascia prendere dal pessimismo, dichiarandosi «pronto a instaurare un dialogo costruttivo con il governo e il ministro per il bene degli studenti e dei ricercatori».
Presidente Manfredi, come valuta il mancato stanziamento per università e ricerca nella legge di bilancio?
«Noi avevamo delle aspettative forti, perché c’era e c’è la necessità di un consistente finanziamento del sistema universitario che rappresenta un elemento decisivo per il futuro dei nostri giovani e del Paese. C’è una sofferenza nel mondo accademico perché le risorse finanziarie messe a disposizione finora per le università italiane non sono comparabili con quelle europee. Questa concorrenza diventa ora insostenibile».
Insostenibile perché?
«Perché determinerà un’emigrazione sempre maggiore dei nostri giovani talenti, non ci permetterà di ampliare l’offerta formativa – considerato che siamo già il Paese europeo con meno laureati – e di eseguire il nostro ruolo di affiancamento del sistema produttivo, determinante per la crescita economica».
Potrebbero profilarsi situazioni critiche per gli atenei più piccoli?
«Ci sono due aspetti da considerare: da un lato non potremmo reclutare i giovani di cui le università hanno bisogno e quindi dargli una prospettiva futura; e poi non si potranno sostenere gli studenti soprattutto nel diritto allo studio, e nell’accesso all’Università. Il costo del personale naturalmente cresce, e quindi gli atenei più piccoli e delle aree meno sviluppate saranno quelli che in futuro soffriranno maggiormente di questa mancanza di finanziamento».
Quali saranno i primi effetti di questo investimento mancato?
«Il miliardo in più richiesto da Fioramonti andava incontro a delle nostre esigenze e richieste. Come quella di aumentare di numero e importo le borse di studio per gli studenti. La no-tax area, ossia la possibilità di non far pagare le tasse universitarie a studenti meno abbienti, è stato un incentivo importante ma finora il finanziamento stabilito era ampiamente insufficiente e per coprirlo bisogna avvalersi dei bilanci delle università. Se vogliamo continuare a tenerla e ampliarla, come giusto che sia, c’è bisogno di un investimento del governo, perché da soli non ce la facciamo. Penso alle piccole università con risorse ridotte: è chiaro dovranno tagliare voci importanti pur di mantenerle. Per tanti diventerà insostenibile».
Quali potrebbero essere le voci sacrificabili?
«La ricerca, già oggi estremamente vessata. Penso a meno dottorati, e poi ai contratti a termine, tanti dei quali non potranno essere rinnovati, con giovani talenti che ci lasceranno definitivamente per le università europee, fortemente sostenute dai loro governi».
Si aspettava che nella legge di bilancio il capitolo università non fosse contemplato?
«Sinceramente no, non me l’aspettavo. Eravamo consci che questa manovra fosse difficile, tuttavia pensavamo che arrivassero altre risorse. Non il miliardo chiesto dal ministro, ma che qualcosa ci fosse dato. Nessuno nel mondo accademico se l’aspettava, e c’è grande delusione. Riconosco l’impegno del ministro Fioramonti che ha cercato di ottenere uno spazio in finanziaria e sono fiducioso che il governo intervenga. Anche perché devono farlo oggi, domani è già tardi. Bisogna agire ora perché perdiamo generazioni di giovani che possono andare via per sempre. Il Paese si svuota in questo modo. Di risorse, di intelligenze, di competenze, di futuro».
ilmattino

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