La VI Sezione Penale della Corte di Cassazione, in due pronunce depositate il 5 febbraio 2020, esaminando la posizione di due imputati, organi di un’Università telematica non statale, e definendoli quali “incaricati di un pubblico servizio”, ha chiarito la posizione dell’ente nell’ambito del diritto, identificandolo come “organismo di diritto pubblico”.
La Corte di Cassazione, prescindendo da valutazioni meramente astratte, legate a classificazioni generali, ha concluso che alla specifica Università telematica non statale, coinvolta nei fatti, può imputarsi lo svolgimento di un “pubblico servizio” e che, pertanto, a chi agisce per tale ente può attribuirsi la veste di “incaricato” di tale pubblico servizio, agli effetti dell’applicazione delle norme in materia di reati contro la pubblica amministrazione.
Il legame tra Università Telematica, Fondazione, Università pubblica
Nella fattispecie esaminata dalla VI Sezione Penale, la libera Università telematica costituisce emanazione di una Fondazione, costituita a sua volta quale organismo strumentale per la realizzazione delle finalità dell’Università pubblica: la Fondazione, riconducibile alla disciplina dettata dal d.P.R. 254 del 2001 (Regolamento recante criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma dell’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388), è legata all’Università (pubblica) da una convenzione, alla stregua della quale può istituire autonome iniziative didattiche telematiche, complementari all’offerta formativa universitaria.
I decreti MIUR applicabili all’Università telematica
In tale quadro l’Università telematica in questione:
è stata istituita alla stregua del decreto interministeriale 17 aprile 2003 (Criteri e procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle università statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui all’art. 3 del decreto 3 novembre 1999, n. 509), è stata costituita sulla base di decreto del MIUR dell’ottobre 2004 (istituente in modo specifico l’Università telematica non statale in questione), ha predisposto lo statuto dell’ateneo telematico, in cui sono dettati i fini istituzionali, con rilascio di titoli accademici ai sensi del Decreto 3 novembre 1999, n. 509 (Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei) e con possibilità di accedere a fondi pubblici e privati. Lo stesso statuto nell’ancorare l’attività dell’ateneo al conseguimento di quegli obiettivi, che hanno in sé rilievo pubblicistico, disciplina il consiglio di amministrazione e prevede la possibilità del coinvolgimento di partecipanti istituzionali della Fondazione, previa manifestazione di gradimento.
L’applicazione della normativa di diritto pubblico
Dal complesso di tali elementi il collegio di giudici ha desunto che l’Università telematica non statale, in questione, costituisce emanazione della Fondazione, a sua volta espressione dell’Università pubblica, in applicazione di norme di diritto pubblico che sono indiscutibilmente alla base della complessiva disciplina e della concreta definizione dei compiti di tali enti e dei rapporti tra loro intercorrenti, enti peraltro tutti accomunati dal perseguimento di una finalità di tipo pubblicistico, insita nell’erogazione di un servizio di formazione e di istruzione, che trova la sua base nello stesso art. 33 della Carta costituzionale e destinato a sfociare nel rilascio di un titolo accademico, avente pieno riconoscimento.
Lo svolgimento del pubblico servizio
Il collegio di giudici, ha quindi concluso che, prescindendo da valutazioni meramente astratte, legate a classificazioni generali, alla Università telematica non statale, in parola, può imputarsi lo svolgimento di un pubblico servizio.
L’applicazione delle norme sui “reati contro la pubblica amministrazione”
Come ulteriore conseguenza, la Cassazione ha affermato che a chi agisce per tale ente (Università telematica non statale che svolge un pubblico servizio): può attribuirsi la veste di incaricato di (tale) pubblico servizio, si applicano le norme in materia di “reati contro la pubblica amministrazione”
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