Manfredi: “Togliamo le tasse a chi è in difficoltà. Un bonus per studenti e docenti che vengono dall’estero. Rinnovare l’offerta formativa, la nostra grande sfida”

Un Manfredi a tutto campo nell’intervista rilasciata oggi al Corriere dell’Università.

Ministro, nel decreto rilancio, che prevede 1,4 miliardi di euro per l’università, ci sono fra gli altri fondi per il diritto allo studio e la ricerca. Per quanto riguarda le tasse universitarie qual è la soglia ISEE al momento e se avete pensato ad una autocertificazione relativa alle difficoltà reddituali del 2020?

“Noi metteremo una quota fissa, praticamente stabiliremo un’esenzione fino a 20.000 di ISEE e uno sconto obbligatorio, una riduzione obbligatoria tra 20.000 e 30.000 euro con una tassazione progressiva, poi lasceremo un finanziamento delle singole università per poter intervenire direttamente con delle misure più locali che possono o ampliare queste soglie o praticamente indirizzarsi verso per esempio ragazzi che vengono da famiglie dei settori particolarmente svantaggiati quindi quelli che hanno maggiormente risentito della crisi economica e che possono essere non intercettati dall’ISEE tradizionale. Utilizzeremo l’autocertificazione o lo strumento dell’ISEE corrente”.

Qualche tempo fa lei ha lanciato un invito a tanti ricercatori italiani che lavorano all’estero a tornare. Avete pensato a degli incentivi? Per esempio delle quote riservate per i prossimi concorsi? 

“Stiamo valutando la possibilità di dare un incentivo per la chiamata di studenti e di docenti che vengono dall’estero anche eventualmente con un bonus legato a progetti di ricerca o a delle attività complementari, stiamo valutando come fare perché uno degli obiettivi è proprio quello di favorire il rientro dall’estero.”

Nel Paese è in atto un’importante discussione sul capitale umano. Ne ha parlato De Bortoli sul Corriere della Sera insieme ad altri commentatori: in sostanza si evidenzia un preoccupante aumento dell’analfabetismo funzionale, una vera difficoltà dei nostri giovani di essere all’altezza delle sfide che abbiamo davanti. Come correre ai rimedi?

“Chiaramente dare una risposta a questo problema è la vera sfida del Paese perché noi non solo abbiamo bisogno di rafforzare le nostre eccellenze ma anche di avere una qualità media alta perché abbiamo bisogno di una classe dirigente diffusa che sia presente in tutto il territorio e a tutti i livelli dell’attività sociale. Quindi su questo noi pensiamo che sia molto importante migliorare il collegamento scuola – università, migliorando le azioni di orientamento per fare in modo che le scelte degli studenti siano più consapevoli e meglio orientate alle loro abilità.

Fare un rinnovamento con metodi didattici più innovativi riducendo proprio la didattica dalla cattedra cercando di fare una didattica più interattiva per gli studenti, che è uno strumento oggi molto importante per formare questi ragazzi, avere una dimensione più internazionale delle nostre università, perché la presenza di ragazzi che vengono dall’estero aiuta a migliorare anche la qualità della classe.

Insomma l’interazione da parte degli studenti e poi fare anche un rinnovamento dei contenuti che guardano ad alcuni temi che oramai sono diventati fondamentali ad esempio i saperi digitali. Oggi chiunque operi in qualsiasi settore, non solo della tecnologia ma anche nei settori scienze umane e sociali ed in tutti i campi, deve avere delle competenze digitali perché questo rappresenta un pò la sfida del futuro. Queste sono 3 assi su cui stiamo lavorando, su un piano di intervento sull’offerta didattica nazionale.”

Il presidente Bonomi non risparmia critiche al Governo, nel discorso di insediamento alla presidenza di Confindustria, ha dichiarato che “non si può solo assumere personale, bisogna ripensare cosa l’istruzione pubblica debba garantire rispetto ai tempi odierni e rifondare i profili formativi”. Ecco, l’università è pronta a questa rifondazione?

“Questa è la vera sfida, quella della rifondazione dell’offerta formativa dell’università. Partendo però da una considerazione cioè che noi da un lato dobbiamo mantenere un solido profilo formativo di base perché c’è una grande rapidità poi nell’obsolescenza delle conoscenze questo deve far sì che ci sia quindi un profilo formativo molto solido perché i ragazzi devono saper imparare durante la loro vita, cambiando spesso lavoro o anche aggiornando continuamente le loro competenze, dall’altro poi è naturale ci vuole una maggiore curvatura verso quelle che sono le nuove frontiere delle competenze un esempio è quello delle competenze digitali ma non sono le uniche, guardiamo anche a tutti i temi della sostenibilità e dell’ambiente che è un altro grande tema che è sfida del futuro. Quindi è chiaro che noi oggi abbiamo la necessità di riguardare un pò alla nostra offerta formativa.”

E’ un tema enorme perché una volta che abbiamo anche individuato i profili delle competenze avremo bisogno delle figure professionali che sappiano intercettare queste esigenze di cambiamento sulla formazione.

“Si certo però bisogna dire che anche il sistema delle imprese deve essere poi capace di valorizzare questi nuovi profili formativi cioè questo è un lavoro che deve essere fatto insieme perché da un lato l’università deve seguire quello che è il cambiamento ma anche le aziende devono essere più innovative perché altrimenti non saranno in grado di valorizzare queste nuove competenze.” 

Dal primo luglio sarà possibile accedere ai fondi del MES, per l’Italia si tratta di 36 miliardi da spendere per combattere direttamente o indirettamente l’epidemia. Questo potrebbe voler dire fondi addizionali anche per le Facoltà di Medicina e per i policlinici? lei è favorevole all’attivazione dello strumento?

“Noi sicuramente abbiamo già cominciato e ci deve essere un investimento maggiore sulla sanità che significa anche un investimento più ampio sulle specializzazioni cosa che è già cominciata perché noi abbiamo previsto nel nuovo decreto rilancio 4.200 posti in più che è un primo passo, è chiaro che poi ci vuole anche una rivisitazione della formazione medica.  Anche questa si deve aggiornare rispetto a quelle che sono tutte le emergenze, anche le competenze nuove che sono state richieste dall’esperienza della pandemia, per fare questo bisogna fare un grande piano di investimenti nel Paese. L’intenzione del Governo è di guardare a tutto. Innanzitutto al Recovery Fund che è stato ottenuto da questo Governo con un impegno importante e che è un grande risultato per il Paese, guarderemo anche al MES quindi cercheremo quelle che sono le soluzioni migliori nell’interesse del Paese”

Però possiamo dire che lei è favorevole all’adozione di questo tipo di strumento?

“Sono della stessa idea del Presidente Conte, noi dobbiamo guardare tutte le opportunità e scegliere le migliori per l’Italia perché è molto importante in questo momento andare a trovare le soluzioni che sono più favorevoli sia da un punto di vista dei tempi di restituzione, delle condizioni di restituzione, partendo da quelli che sono ovviamente i contributi a fondo perduto perché il MES è un prestito mentre nel Recovery Fund una parte molto importante è a fondo perduto. Quindi noi dobbiamo scegliere il meglio e così verrà fatto dall’esecutivo.”

Mariano Berriola

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