Il prof. Claudio Bartocci: "Più linguaggi si posseggono per interpretare il mondo e più chiavi si avranno per indirizzarsi con consapevolezza al proprio futuro."

Corriereuniv.it in occasione del lancio delle guide digitali di orientamento, studiate per gli studenti in tempo di Covid ha intervistato il prof. Claudio Bartocci.

Docente di Geometria e Fisica matematica presso l’Università di Genova. Oltre a numerosi articoli su riviste internazionali e a monografie specialistiche è autore di vari saggi sulla storia del pensiero matematico. E’ curatore, con Piergiorgio Odifreddi, dell’opera enciclopedica in più volumi La matematica, edita da Einaudi. Ha collaborato alle pagine culturali dei quotidiani «Il Manifesto», «La Stampa» e «Il Sole 24Ore». 

Matematica: universo infinito e suggestivo, ma che impone e ha imposto soggezione a intere generazioni. Alcune studentesse e studenti sono intimoriti dallo studio della matematica, in particolare se non provengono da studi scientifici. Lei che ne pensa?

Forse ha fatto la domanda alla persona sbagliata!  Personalmente, provengo da un liceo classico e non ho mai riscontrato nessuna incompatibilità tra lo studio umanistico e quello scientifico. A livello generale non dovrebbe esserci nessuna preclusione per i saperi diversi. La conoscenza autentica favorisce l’integrazione scientifico-umanistica. La matematica, in fondo non è una scienza come la fisica o la chimica, perché non ha un contenuto empirico. Da un punto di vista logico, le dimostrazioni sono concatenazioni di sillogismi. Inoltre, buona parte della matematica si basa sull’intuizione, ma come tutte le abilità anche quella intuitiva va coltivata. Ogni competenza va appresa, dalla conoscenza di un testo classico ai teoremi più significativi. I confini tra i differenti saperi sono determinati da visioni culturali elaborate in modo soggettivo, mentre nelle istituzioni si tende a oggettivarli. Una buona conoscenza è interdisciplinare. Ovviamente ci sono degli elementi strutturali e primari per ogni disciplina, ma nella sua interezza l’insegnamento/apprendimento è libertà. Una libertà che grava sulle spalle dei docenti in termini di autonomia e di responsabilità.

Studenti e studentesse dunque dovrebbero essere aperti ad una conoscenza interdisciplinare così da avere maggiori strumenti culturali per scegliere in libertà ma anche in modo responsabile e consapevole?

La prospettiva storica ci suggerisce molte riflessioni. Basta pensare alle grandi figure dell’umanità nel campo della letteratura, dell’economia, della filosofia, è raro che siano persone di scarsa cultura. Questo aspetto è molto importante nella formazione di un giovane che deve essere aperto al sapere, e capace di stabilire collegamenti tra avvenimenti, esperienze, discipline. Più linguaggi si posseggono, per interpretare il mondo, più chiavi si avranno, per capire i fenomeni che ci circondano e per indirizzarsi verso il percorso formativo-professionale più sintonia con le proprie attitudini, competenze e, soprattutto desiderio di sapere.  È bene lasciarsi guidare dai propri interessi e dalle proprie curiosità, ampliandone le dimensioni. 

Quali consigli ritiene utile donare a un/una giovane che si appresta a varcare le porte accademiche?

Bisogna “usare” l’università per sviluppare i propri interessi, non esserne vittima, evitando di cadere in atteggiamenti passivi e rinunciatari. A volte si tende a dimenticare che l’università è a servizio di chi liberamente sceglie di frequentarla e non il contrario. Se i corsi universitari non vanno bene, gli studenti hanno il diritto di protestare. Proteste di tipo culturale. 

“Non mi iscrivo a matematica perché non voglio fare l’insegnante”. Un “diffuso criterio orientativo” tra i giovani. Si trova d’accordo con tale affermazione?

No, non è vero. Gli sbocchi lavorativi per i laureati in matematica sono molteplici. I modelli matematici, per esempio, possono trovare applicazione in un ventaglio molto ampio di aziende. Ma se parliamo del settore ricerca e sviluppo all’interno delle aziende, tocchiamo un tasto dolente, perché capita non di rado che la figura del matematico sia sottoutilizzata in azienda. In ambito accademico, a risentire maggiormente di un orientamento generale che privilegia le “applicazioni” è il settore della ricerca di base che per sua definizione non ha un obiettivo immediato e concreto; il suo scopo è più che altro quello di accendere qualche piccola fiammella che serva a rischiarare l’ambiente teorico circostante. 

Per chi desidera con il tempo dedicarsi alla ricerca, potrebbe descrivere in breve il valore e l’approccio che ritiene più autentico per affrontare un percorso di ricerca?

La ricerca, per sua natura ontologica, è svincolata dall’applicazione, ma non per questo non sviluppa nel tempo teorie che nel futuro potrebbero essere la base di innumerevoli applicazioni. La storia delle scienze, ci mostra molti esempi di come le applicazioni scientifiche di successo si siano potute realizzare, grazie a ricerche “di base” il cui scopo era “unicamente” il progredire della conoscenza. Non dovrebbero esserci differenze di priorità in ambito accademico tra ricerche di matematica pura rispetto a ricerche con ricadute immediate, per esempio, in ambito biomedico o ingegneristico Altrimenti si rischia l’impoverimento scientifico e ciò sarebbe una grande perdita per l’umanità. Potrebbe andare perduto un patrimonio insostituibile: il patrimonio della conoscenza. 

Lei come scelse il suo percorso accademico?

In parte, in modo tutto casuale. C’era meno coda alla segreteria di Matematica che a quella di Lettere antiche. E poi, per questioni caratteriali, a me piace conoscere le cose difficili; ed è questo uno dei motivi che mi spingeva verso lo studio della matematica. Consideravo molto difficile approfondire lo studio della matematica in una fase più avanzata della mia vita. Così come, anni prima, scelsi il liceo classico, poiché ritenevo che non avrei mai imparato il greco negli anni a venire. La matematica, la musica e altre discipline vanno studiate – e amate – in anni relativamente giovanili. Tuttavia non ho mai smesso di coltivare altri saperi; all’università seguivo anche corsi di filosofia. Come dicevo all’inizio della conversazione, non ho mai visto incompatibilità tra i saperi: matematica, scienze, letteratura, filosofia, arti figurative. E non c’è disciplina che si possa separare dalla storia delle idee, la quale insegna ad adottare una prospettiva critica e problematica. Il sapere ha una “multidimensionalità unica”.

Amanda Coccetti

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