Manfredi: "Semplificare decisioni nella ricerca". Inguscio (Cnr): "Servono regole che non ci ostacolino"

“L’Italia ha bisogno di grandi interventi di velocizzazione e semplificazione decisionale nella ricerca. Le Università hanno fatto passi in avanti, i processi di volutazione sono severi, un processo utile che ha elevato la qualità media, ma ha prodotto tutta una serie di vincoli burocratici che creano tempi di risposta lunghi, a volte incompatibili con l’esigenza pratica della ricerca, che può aver bisogno di forniture rapide”. Ad affermalo è il ministro Gaetano Manfredi che, rispondendo alle domande del giornalista Bruno Vespa durante la due giorni sorrentina dell’Alis, ha dato voce alla sua visione di una ricerca priva degli ingarbugliamenti burocratici che la appesantiscono. “Da Rettore avevo sempre chiesto molto al governo percependo un’attenzione insufficiente al nostro mondo, e chiedevo il giusto, ma oggi, dall’altra parte della barricata, mi sono accorto che dare risposte non è facile”.

Secondo l’Ocse il nostro paese è al ventisettesimo posto (come l’Ungheria) per investimenti in ricerca e sviluppo (1,4%), la Corea al primo (4,6%) Israele al secondo (4,5) e la Svizzera al terzo (3,4). Per la spesa nella ricerca di base (guidata più dalla curiosità che da immediate applicazioni) siamo diciannovesimi (0,32% del Pil), con la Svizzera in testa (1,29) e la Corea al secondo posto (0,66). L’Italia è all’ottavo posto per le pubblicazioni con 663 mila articoli, ma solo al 22° per gli articoli scientifici più citati e nessuna delle nostre istituzioni di ricerca compare tra le più citate (prima è l’Università della California).

Secondo il prof. Massimo Inguscio, presidente del CnrConsiglio Nazionale delle Ricerche – il ministro Manfredi ha toccato uno dei nervi scoperti della ricerca italiana: “La competitività a livello internazionale passa per l’aumento del finanziamento alla ricerca, che deve essere soprattutto pubblica, ma anche con un’autonomia reponsabile – afferma il professore -. Abbiamo anche bisogno di rapidità, elasticità e di un meccanismo di reclutamento che dovrebbe essere analogo al resto d’Europa secondo il principio della responsabilità e rapidità delle scelte”. Per far questo bisogna, però, liberarsi dei lacci e lacciuili che appesantiscono la ricerca. “Alcuni percorsi avviati dal Governo vanno nella giusta direzione, come ad esempio i finanziamenti che consentono la programmazione del reclutamento di ricercatori, ma la pandemia ci ha insegnato che abbiamo necessità di nuovi paradigmi per fare ricerca a partire da nuove regole che ci aiutino e non ci ostacolino”.

Ostacoli che il ministro dell’Università vorrebbe rimuovere: “Oggi quando si attribuiscono risorse, ci sono passaggi di controllo – dal ministero alla Corte dei conti – che durano mesi. Il settore della ricerca è spesso assimilato a regole della pubblica amministrazione – afferma – incompatibili con scenari che cambiano velocemente. Stiamo lavorando in questo senso, semplificare tali norme e già qualcosa di nuovo è stato inserito nel decreto semplificazione”. Una sfida importante, in linea con quanto chiede Bruxelles all’Italia per accedere a quella “scatola” da 560 miliardi di aiuti, il Recovery and Resilience facilty, che l’epidemia ha reso necessari.

Marco Vesperini

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