“Il difficile mondo del non profit”

ramona.bmpAvere le idee chiare sul proprio futuro professionale, sapere che in conclusione degli studi universitari si proseguirà con un determinato Master e poi vedersi costretti a temporeggiare perché si è avuta l’opportunità di insegnare lingua inglese in una scuola. Di questi tempi potrà risultare strano sentirsi “ostacolati” nell’iscrizione a un Master perché subito dopo il conseguimento della laurea, un’offerta di impiego ha già garantito l’ingresso nel competitivo mondo del lavoro. Eppure è proprio in questi termini che Ramona De Michelis, ventisettenne con in tasca una laurea in Lingue e Letterature Straniere conseguita presso l’Università dell’Aquila, ha valutato la sua prima avventura professionale: un intoppo verso il master tanto agognato. “Sapevo già che non avrei fatto l’insegnante – spiega – non mi è mai interessato. Diciamo pure che mi sono trovata al posto giusto nel momento giusto. Nella scuola materna del mio paese cercavano una sostituta e così per un anno scolastico ho potuto cimentarmi in questo ruolo”.

Quale Master hai frequentato?
Quello in “Educazione alla pace: cooperazione internazionale, diritti umani e politiche dell’Unione Europea” a Roma Tre, lo sto ancora frequentando. La selezione, prevista solo nel caso in cui fossero pervenute più di 60 domande, è basata su uno screening iniziale dei curricula; avrebbe dovuto tenere conto di alcuni requisiti come, ad esempio, le precedenti esperienze nel settore e il voto di laurea. Ma nella mia edizione eravamo appena in 40.

In che modo si è articolato?
È stato organizzato nell’arco di un anno secondo la formula dei week-end e dopo mesi di lezioni teoriche e relativi esami sugli insegnamenti di base, io e i miei colleghi, di ritorno dalle vacanze estive, ci siamo impegnati nelle materie più specifiche. Abbiamo avuto la possibilità, infatti, di sfruttare con incontri opzionali l’esperienza di personale specializzato che opera quotidianamente in organizzazioni come Amnesty International, Emergency o il Vis.

E il periodo di stage?
Il mio primo periodo di stage si è già svolto in occasione di una visita organizzata con uno dei docenti in Brasile. Un viaggio che mi ha cambiato profondamente oltre ad avermi avvicinato ancora di più alla passione per la progettazione allo sviluppo. Di ritorno dall’America latina sentivo di essere diversa anche rispetto agli altri corsisti che non avevano avuto la possibilità di vivere questa preziosa esperienza. Ora mi piacerebbe che la formazione pratica dello stage, prevista dal master per una durata di tre mesi, proseguisse in continuità con l’avventura di quindici giorni vissuta in Brasile.

Cosa immagini per il futuro?
So che non sarà facile affermarsi in questo ambito, le difficoltà le abbiamo toccate con mano proprio al momento dell’assegnazione degli stage, e questo è innegabile che abbia scontentato qualcuno, segno che tutto ciò che ruota attorno al mondo del non profit è già sufficientemente saturo. Per questo motivo è stato concesso di svolgere i tirocini anche dopo 18 mesi dalla conclusione del Master.

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