“Il placement è fondamentale”

jacopo.bmpUna passione per il fund raising e tutto ciò che ruota attorno al mondo delle Ong. Mai come nel caso del settore non profit è indispensabile mettere il cuore in quello che si fa, ogni giorno. Lo sa bene Jacopo Brian Gazzola, 25 anni, che dopo una laurea in Lettere e Filosofia conseguita presso l’Università di Bologna approda alla specializzazione più alta presente in Italia nel settore: il Master in “Fund Raising e Responsabilità Sociale” organizzato dallo stesso ateneo emiliano.

Quale è stata la tua personale esperienza rispetto al master? E quanto è stato utile nella ricerca del lavoro?
Il master mi ha consentito di entrare per la porta principale. È vero che molte delle organizzazioni non governative reclutano il personale su base volontaria o tramite stage, ma nel mio caso, con studi umanistici ed economici alle spalle, e anche grazie al master, ho potuto propormi sul mercato del lavoro come professionista del fund raising per il non profit.

Fra i tanti master proposti dall’ateneo come hai indirizzato la tua scelta?

In verità non esistono altri master sul fund raising in Italia e riguardo quei corsi che promettono una facile professionalizzazione, non credo siano la strada giusta per una formazione completa. Esistono buone possibilità di impiego per la figura professionale del fundraiser? Credo di sì. Le associazioni registrate in Italia sono all’incirca 220mila, un bel mercato. Vorrei specificare, però, che la preparazione offerta da un master o da un altro corso specifico da sola non basta. Fondamentale è il ruolo dell’ufficio di placement per la ricerca di un primo contatto di lavoro. Non dimentichiamo, in ogni caso, la rilevanza delle qualità soggettive.

Di che cosa ti occupi precisamente?
Lavoro per l’Ufficio Fund Raising dell’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII” e il mio compito è quello di ideare e progettare gli strumenti più efficienti per permettere ai nostri donatori di sostenere tutte le attività dell’associazione. Dietro a questo impegno c’è il piacere di fare qualcosa di veramente utile. L’esperienza in associazione è iniziata già durante il periodo di frequenza del master e, per questo, mi è valsa anche come stage. Il lavoro comporterà una certa responsabilità visto che di mezzo ci sono i soldi. Il lavoro è delicato anche se io i soldi non li vedo proprio. Il mio ruolo è quello di essere “portavoce” dell’Associazione per i donatori. Qualcuno può percepire il mio mestiere come chiedere la carità, ma al contrario si tratta della “nobile arte di insegnare agli altri la gioia di donare”.

Fra i tuoi colleghi c’è chi è stato meno soddisfatto dell’esperienza vissuta?
Sì, la discriminante sta sostanzialmente nel livello qualitativo dello stage. Se all’interno di un’organizzazione il tuo unico impegno è quello di fare fotocopie e attaccare francobolli, allora l’esperienza non si concretizza in un “saper fare”, ma rimane solo un’esperienza deludente.

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