“Non sulla pelle degli studenti”: è l’appello, promosso dal coordinamento Link, con cui gli universitari vogliono richiamare l’attenzione dei propri docenti sugli appelli estivi che salteranno per lo sciopero dei professori universitari proclamato dal Movimento per la dignità della docenza. La richiesta ai prof ha ottenuto già oltre 45mila firme contro lo sciopero indetto per la sessione estiva (dal 1 giugno al 31 luglio). Se per la sessione autunnale la risposta degli studenti è stata ferma ma tiepida – l’Unione degli universitari chiese al Ministero, tramite i propri rappresentanti in Cnsu, di aprire un tavolo di confronto – oggi la situazione è diventata rovente. Si perché questa volta sono a rischio i crediti per le borse di studio. Il dibattito corre via social, a colpi di petizioni e lettere, più della prima mobilitazione e nonostante le garanzie date dai docenti ai loro allievi: chi sciopera farà saltare solo il primo appello della sessione che va dal primo giugno al 31 luglio, garantendone uno straordinario sette giorni dopo a chi deve laurearsi, agli studenti Erasmus, alle studentesse in attesa di un bambino e a chi ha problemi particolari di salute.
Lo sciopero è stato proclamato da 6.857 professori firmatari. La volta precedente, lo scorso autunno, i firmatari furono oltre cinquemila e a scioperare furono in 11mila. Stavolta i promotori prevedono un’adesione ancora più alta. Ed è proprio questo che preoccupa gli studenti che nella petizione spiegano: “Durante gli appelli di giugno e luglio si recuperano gli ultimi crediti per ricevere la borsa di studio per l’anno successivo e per beneficiare della riduzione delle tasse in relazione al proprio reddito”. Il paradosso? Lo sciopero non mira più solo contro i mancati scatti stipendiali dei docenti ma si chiedono anche 80 milioni per le borse agli studenti meritevoli e concorsi per professori associati e ordinari per dare soluzione al precariato. “Ma così si rischia il paradosso di richiedere al contempo l’ampliamento del diritto allo studio e comportare per tantissimi studenti e studentesse l’impossibilità di accedere alle borse e alla modulazione della tassazione studentesca”, insistono gli studenti.
Dura l’Udu: “L’intento di spaccare la comunità accademica da parte del Movimento per la dignità della docenza è sotto gli occhi di tutti. Svilendo – scrivono in una nota – perfino l’uso dello “strumento sciopero” stesso. Abbiamo attestato l’indisponibilità dei promotori a valutare le critiche e l’apertura di un tavolo di discussione con l’intera comunità accademica, proclamando nuovamente uno sciopero che danneggia gli studenti, fruitori di un servizio, senza avviare nessuna consultazione preventiva con gli studenti. Fa specie – conclude l’Udu – che quei docenti che hanno visto i propri stipendi bloccati per poter evitare che i bilanci dei loro atenei collassassero, con il beneplacido dei Rettori, non si ricordino che le altre vittime di quel compromesso sono gli studenti”. Anche la presidente del consiglio nazionale degli studenti universitari Anna Azzalin, ha scritto una lettera alla ministra Valeria Fedeli chiedendo che il ministero risponda alle istanze del mondo accademico (“tale clima è stato esacerbato dall’inarrestabile processo di definanziamento dell’università”) per ottenere “una netta inversione di rotta sulle politiche” e scongiurare così uno sciopero che “rischia ancora una volta di danneggiare pesantemente gli studenti”.
“Lo sciopero è un’arma estrema – spiega Carlo Ferraro, decano del politecnico di Torino e promotore del movimento che ha indetto il secondo sciopero – l’abbiamo preannunciato per tempo così gli studenti possono adeguarsi e avere così un disagio minimo, non vogliamo danneggiare loro”. Ferraro ha anche scritto al consiglio nazionale degli studenti universitari per replicare alla lettera al Miur. “La questione degli scatti stipendiali non è stata risolta – sottolinea – inoltre sono diventati urgenti e indifferibili altri problemi: il reclutamento dei docenti, le prospettive per i giovani ricercatori, il problema delle borse di studio per gli studenti. L’unico sistema che i politici sentono è quello dello sciopero. Spero che gli studenti apprezzino questa nostra disponibilità e mi auguro che anche loro ragionino con una logica non di categoria, ma di sistema. Sarà un disagio, non un danno”.
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