I giovani studenti universitari italiani per la maggior parte vivono con la famiglia d’origine. A rilevarlo è l’ultimo rapporto condotto da Eurostudent sulle condizioni di vita degli studenti europei. I dati parlano chiaro: oltre sette studenti italiani su dieci vivono a casa con i genitori negli anni degli studi universitari, contro una media europea del 35% circa. L’Italia è al secondo posto, il gradino più alto del podio spetta a Malta. Un 2 ragazzo su 3 in Italia continua a vivere con mamma e papà, mentre la media europea si ferma a 1 studente su 3 e in Germania addirittura a circa 1 su 5.
Stando alla ricerca, la media si abbassa sensibilmente nei Paesi Nordici: in Finlandia, per esempio, ben il 35 per cento di ragazzi vive solo e con prole al seguito, in Francia e Germania il 21% degli studenti universitari vive stabilmente con il proprio partner mentre, come detto, in Italia la percentuale è di appena il 3%. Se in Germania il 54 per cento dei giovani universitari lavora regolarmente durante il periodo degli studi, il 29 per cento non lavora e un altro 17 per cento lavora occasionalmente, in Europa la media degli studenti lavoratori è del 35 per cento, con ulteriore 16 per cento che si accontenta di lavori saltuari. In Italia, invece, 76 studenti su 100 non lavorano, mentre solo l’11% si mantiene agli studi lontano da casa e pochi altri hanno accesso ai cosiddetti lavori saltuari o stagionali.
“Se molti meno studenti rispetto alla media europea smettono di vivere con i genitori, il problema – commenta Elisa Marchetti, dell’Unione degli universitari – senza dubbio è riconducibile alla situazione del diritto allo studio, come la condizione abitativa: in molte città universitarie gli affitti sono alle stelle, anche a causa di un’offerta pubblica quasi del tutto assente. E, in una situazione per cui le ore spese tra lezioni e studio individuale sono le più numerose d’Europa per gli studenti italiani svolgere contemporaneamente un lavoro è molto difficile. Questa situazione – conclude – ha ricadute negative sia per chi avrebbe la necessità di lavorare per mantenersi gli studi, sia per chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro prima del termine del percorso universitario”.
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