Marzo è vicino e la ministra Valeria Fedeli ha rassicurato sulle risorse per il contratto della scuola ci sono: “Stiamo accelerando, la Legge di bilancio ha fatto stanziamenti importanti”. Ma con le elezioni dietro l’angolo bisogna fare in fretta. La platea interessata dal rinnovo è pari a un milione di dipendenti della scuola, 53 mila delle università (esclusi i docenti universitari), 24 mila degli Enti di ricerca e 9.500 dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica. Oggi l’incontro all’Aran, l’agenzia delle rappresentanze negoziali della pubblica amministrazione, il luogo dove stanno avvenendo le trattative. Nella Legge di bilancio gli “stanziamenti importanti” sono “per ora insufficienti” e sarà necessario recuperare risorse nel bilancio del ministero dell’Istruzione. Gli ormai famosi aumenti da 85 euro lordi previsti per l’intero comprato dei dipendenti di Stato (accordo del 30 novembre 2016), sulla scuola rischiano di essere ulteriormente limati. Il ministero del Tesoro ha previsto una crescita – media, appunto – pari al 3,48 per cento della singola busta paga. Poiché l’istruzione è il comparto più povero della Funzione pubblica, l’aumento per un insegnante che oggi guadagna 1.430 euro netti arriverebbe a soli 73 euro. Questa cifra, tra l’altro, la si raggiungerà solo “a regime”, al terzo anno dopo l’accordo: sono previsti, ad oggi, 12 euro per il primo anno, 15-20 euro per il secondo e altri 40 per il terzo.
Una questione più accesa, e di cui si tratterà nell’incontro previsto per domani, è quella degli arretrati 2016-2018 (il contratto scuola è fermo da otto stagioni). L’una tantum media dell’intera categoria degli statali pesa per 492 euro. Sempre per il principio che chi ha stipendi più alti riceverà arretrati più sostanziosi, la media degli arretrati dei docenti italiani si attesta intorno ai 450 euro. E’ probabile che sia gli aumenti fissi che gli arretrati siano presenti negli stipendi di marzo. Inoltre i sindacati, tutti, dalla Cgil alla Cisl alla Gilda, chiedono di trasformare due istituti di merito in soldi fissi in busta paga: sono i 380 milioni di euro che la Legge 107 oggi distribuisce per gli acquisti culturali, la card da 500 euro, e i 200 milioni assegnati ai dirigenti scolastici che a loro volta premiamo i docenti migliori (in realtà, già oggi, spesso nelle scuole si sceglie un’assegnazione democratica, spalmata su tutti gli insegnanti). Rino Di Meglio, segretario Gilda, ha dichiarato su Repubblica: “Le risorse messe a disposizione sono così basse che la trasformazione dei bonus in stipendio è l’unica strada per dare alle buste paga dei docenti un po’ di spessore”. Aggiunge Francesco Sinopoli, segretario Flc Cgil: “Noi, comunque, vogliamo cambiare la Legge 107″. Il Pd renziano fa resistenza: non intende togliere principi di merito faticosamente introdotti, per la prima volta, in una riforma scolastica. I sindacati, d’altro canto, si stanno muovendo sotto la pressione del movimento “200 euro netti”, che attraverso le armi dei social ha trovato 79 mila sostenitori e chiede di non firmare un contratto “al ribasso”.
Per il rinnovo del contratto passa anche la nuova busta paga dei dirigenti scolastici. Un calcolo più raffinato della Cgil sui 96 milioni lordi messi nella Legge di bilancio rivela che l’aumento dei presidi sarà intorno ai 270 euro netti. Subito gli “85 euro lordi” (che per i dirigenti di scuola salgono a 104-115 euro, 60 netti), quindi 105 euro netti nel 2018 che diventeranno 210 euro netti nel 2020. Mentre è passato in sordina l’accordo, sottoscritto a ridosso di Natale, che rimanda di un altro anno il blocco della mobilità dei docenti e la chiamata diretta. Nel primo caso, si è congelato fino a settembre 2018 l’obbligo di restare almeno tre stagioni nella stessa scuola e nella stessa provincia. Questa scelta potrebbe stimolare, per la prossima estate, un’ondata di richieste di spostamento di docenti dal Nord al Sud del Paese. Per quanto riguarda la “chiamata per competenze” da parte dei dirigenti scolastici, restano in piedi i 18 parametri che limitano l’uso dell’istituto. Nel 2017, non a caso, solo il trenta per cento dei presidi scelse in questo modo i propri docenti.
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