C’è una nuova classifica universitaria in cui l’Italia scala posizioni e si porta in vetta al mondo: il ranking elaborato per la prima volta quest’anno da Times Higher Education valutare gli atenei in termini di didattica e ricerca in base al loro impatto sulla società, alla loro capacità di trasferire conoscenza e innovare misurata sulla base dei parametri fissati dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Per esempio: quali misure vengono adottate per garantire un’educazione aperta a tutti, per assicurare la libertà d’insegnamento e per promuovere l’eguaglianza di genere fra studenti e docenti, ma anche l’investimento in settori specifici che vanno dalla ricerca medica agli studi sul cambiamento climatico. I risultati di questa misurazione delle università ribaltano molti stereotipi internazionali sono sorprendenti: con il Canada che batte gli Stati Uniti, l’Irlanda davanti al Regno Unito e l’Italia settima come sistema Paese, nona con Alma Mater di Bologna e sedicesima con il Bo di Padova.
Al primo posto fra gli atenei più sostenibili del mondo c’è l’università di Auckland in Nuova Zelanda, che primeggia in generale per il suo impegno nella promozione dell’agenda delle Nazioni Unite e in particolare per altri tre obiettivi specifici: “salute e benessere”, “eguaglianza di genere” e “città e comunità sostenibili”. Come? Ad esempio promuovendo l’uso della bicicletta e il risparmio di fotocopie all’interno del campus e riuscendo a fare in modo che il 43% dei suoi laureati in materie Stem siano donne. A seguire, poi, due università canadesi: la McMaster university che primeggia sia nell’indice “salute e benessere” (l’università si trova vicino a una delle più grandi comunità di nativi americani e porta avanti studi specifici su diabete e disturbi cardiovascolari che affliggono gli indigeni) che in quello “lavoro dignitoso e crescita economica”: l’89 per cento del suo staff è inquadrato con contratti dai due anni in su e il pay-gap uomini donne è ridotto al minimo. E la University of British Columbia, al top per i suoi studi sul cambiamento climatico.
Manchester, sul podio al terzo posto a parimerito con la University of British Columbia, e il King’s College di Londra. Manchester si posiziona particolarmente bene in obiettivi come “città sostenibili” e quello del “consumo responsabile”. Il King’s College è molto avanti sia in “salute e benessere” che nella “parità di genere” e nella “pace, giustizia e della forza delle istituzioni”.
Al nono posto della classifica l’università di Bologna, che primeggia in particolare nella promozione della parità di genere, di una educazione equa (quarto posto al mondo in entrambi gli obiettivi) e di condizioni di lavoro dignitose per tutti oltre che di una crescita economica sostenibile (sesto posto al mondo). Il report di Times Higher Education cita, a titolo di esempio, le sue politiche per promuovere le carriere femminili e prevenire la violenza di genere, oltre che in favore degli studenti LGBTQ. L’Alma Mater spiega che “il risultato è dovuto al forte impegno intrapreso negli ultimi anni dall’Università di Bologna per la promozione di uno sviluppo sostenibile, in particolare adattando il proprio piano strategico direttamente ai diciassette obiettivi indicati nell’Agenda 2030 dell’Onu”. L’altra università italiana al top dal punto di vista della sostenibilità è il Bo di Padova, 16esima al mondo, grazie soprattutto ai suoi risultati nella promozione di un’istruzione di qualità, equa e inclusiva (settima), della parità di genere (13esima) e della salute (37esima).
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