L’avviso di garanzia è arrivato per 17 persone legate allo scandalo sul “doppio lavoro” e abuso d’ufficio all’Università di Trento. Tre degli accusati sono professori dell’Ateneo, accusati di lavorare a tempo pieno solo sulla carta. I prof sono accusati di aver effettuato attività progettuale in regime di libera professione pur percependo dall’Università lo stipendio previsto per i docenti che si dedicano in modo esclusivo a insegnamento e ricerca.
Come riportato dall’Adige.it secondo la Procura avrebbero conseguito un ingiusto vantaggio patrimoniale stimato in complessivi 618 mila euro. Le somme in gioco sono dunque importanti e di certo anche la procura della Corte dei conti vorrà fare le sue verifiche. Gli accertamenti condotti dalle Fiamme Gialle proseguono anche se il procedimento penale principale ha ormai imboccato la fase del giudizio.
Le indagini proseguono per verificare anche in altri dipartimenti ipotetiche violazioni della legge 240 del 2010 «Norme in materia di organizzazione delle Università» e del «Regolamento per l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali del personale docente» (emanato dall’Università di Trento con decreto rettoriale del maggio 2014). Su questo fronte un altro filone di indagine era partito da un input del Nucleo speciale spesa pubblica delle Fiamme Gialle di Roma. Incrociando le informazioni raccolte presso le università italiane con altre banche dati sono stati individuati 411 docenti – e tra questi 6 dell’Università di Trento – le cui posizioni sono al vaglio.
Gli accertamenti, inizialmente focalizzati sulle facoltà di Ingegneria, si sono ampliati anche ad Economia e a Giurisprudenza. L’obiettivo è verificare la sussistenza di danni erariali da parte di prof che spingevano sul doppio lavoro pur risultando a tempo pieno. A livello nazionale i casi clamorosi non mancano: ad un docente di ingegneria presso l’Università di Genova la locale procura della Corte dei conti ha chiesto qualche mese fa un risarcimento per danni erariali di circa 2 milioni e mezzo di euro perché nel corso della sua carriera ventennale avrebbe accettato numerosi incarichi privati senza mai chiedere l’autorizzazione all’ateneo. A Trento non siamo certo a questi livelli ma anche qui la caccia ai «furbetti» è partita.
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